Ogni analisi del neonazismo in Ucraina dovrebbe considerare che ci sono nazisti che combattono nel campo filorusso, e sono forse di più che dall’altra parte.
di Massimo Introvigne
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Putin ha ripetutamente indicato che la “denazificazione” dell’Ucraina è uno degli obiettivi della sua guerra. Ci si può chiedere tuttavia se, prima di denazificare altri Paesi, Putin non dovrebbe mettere ordine in casa propria. Il neonazismo non è un fenomeno peculiare dell’Ucraina. Esiste in tutti i Paesi europei, e la Russia non fa eccezione.
Nel 2015, un rapporto del Center for Ethnicity and Racism Studies (CERS) dell’Università di Leeds ha dipinto un quadro piuttosto fosco del neonazismo in Russia. “Svastiche e slogan ‘La Russia ai russi’, ‘Gloria a Hitler’ e ‘SS’” sono stati dipinti su strutture ebraiche. “Più di 800 siti web estremisti danno spazio a leader di organizzazioni neonaziste e di estrema destra”. Persino un “concorso Miss Hitler si svolge tra donne naziste russe e ucraine per determinare chi è la più bella donna antisemita”.
Anche se i suoi leader lo hanno negato, le tendenze naziste erano evidenti all’interno del partito politico Unità Nazionale Russa (RNU), che è stato bandito a Mosca nel 1999, ma ha continuato come Partito Nazional-Socialista Russo e anche con il vecchio nome RNU fuori da Mosca.


Come abbiamo notato per l’Ucraina, anche in Russia i neonazisti reclutano tra i tifosi di calcio. Il CERS ha riferito che “la minaccia dei neonazisti non è svanita dalla Russia ed è evidente che molti fanno parte di gruppi di tifosi di calcio violenti”. Il rapporto ha segnalato in particolare i sostenitori dello Spartak Mosca, i cui tifosi violenti “si uniscono ai neonazisti in manifestazioni di violenza razzista e attacchi agli oppositori ideologici”. “È evidente, ha concluso il rapporto, che la Russia ha un grave problema di neonazismo”.
Sarebbe falso affermare che le autorità russe non hanno agito contro i neonazisti. Coloro che hanno commesso crimini, compresi gli omicidi di cittadini e immigrati non bianchi o non slavi, sono stati arrestati e perseguiti. Per esempio, nel 2011, cinque membri di un gruppo particolarmente feroce, la Società Nazionalsocialista del Nord, sono stati condannati all’ergastolo per diversi omicidi.


Allo stesso tempo, studiosi rispettabili considerano credibile che l’FSB, la principale agenzia di intelligence russa e l’erede del KGB sovietico, abbia infiltrato e usi i neonazisti per i propri scopi. Ho citato nel precedente articolo di questa serie gli studi di Vyacheslav Likhachev. Nel 2016, ha pubblicato uno studio sulle attività di estrema destra e neonaziste in Ucraina. Ha concluso che nel 2014 nel Donbass i gruppi neonazisti probabilmente “cooperavano strettamente con i servizi segreti russi e sono stati usati fin dall’inizio per innescare il conflitto”. Il fondatore e leader del partito RNU Alexander Barkashov ha visitato il Donbass nel febbraio-marzo 2014 e vi ha creato una filiale dell’RNU.


Il primo “Governatore del popolo” della pseudo “Repubblica Popolare di Donetsk”, Pabel Gubarev, era tra i membri dell’RNU a Donetsk. Quando fotografie di Gubarev con l’emblema della RNU con la svastica sono state pubblicate da dissidenti russi, il “Governatore del popolo” è stato prima difeso dalla Russia, ma poi messo in disparte.
Likhachev nota anche il ruolo dell’RNU nell’orchestrare il “referendum” sull’“indipendenza” della “Repubblica Popolare di Donetsk” nel 2014. “Nel maggio 2014, scrive, A. Barkashov ha anche istruito gli attivisti locali … su come e quando avrebbero dovuto svolgere un ‘referendum sull’indipendenza’ (le istruzioni del leader dell’RNU sono state seguite alla lettera)”.


Mentre, dopo i problemi con Gubarev, tra le milizie collegate all’RNU nel Donbass, che includono sia cittadini ucraini sia volontari russi, il simbolo con la svastica è stato sostituito da uno senza svastica, altri emblemi con riferimenti sospetti sono rimasti. Likhachev scrive che “la svastica rotonda a otto punte – ‘kolovrat’ (una svastica neopagana) è apparsa sui distintivi delle unità di sabotaggio-ricognizione neonaziste ‘Rusich’ e ‘Ratibor’ all’interno del gruppo di risposta rapida ‘Batman’, e del battaglione ‘Svarozhichi’ all’interno della brigata ‘Oplot’”.
Nell’altro pseudo-stato filorusso del Donbass, la Repubblica Popolare di Lugansk, sono stati consegnati ai volontari certificati con il numero-slogan 1488. Come spiega Likhachev, “1488” è usato dai neonazisti a livello internazionale. “‘14’ sta per ‘14 parole’, uno slogan suprematista bianco inventato dal [neonazista americano] David Lane [1938-2007] e ‘88’ sta per ‘Heil Hitler’ perché la ‘h’ è l’ottava lettera dell’alfabeto latino”.
Come menzionato in un precedente articolo, Likhachev ha avuto un ruolo chiave nel portare alla luce il passato neonazista dei fondatori del Battaglione Azov, che combatte contro i russi, ed è stato coinvolto in una controversia con il suo principale leader Andriy Bilets’kyy, che ha persino accusato lo studioso di basarsi su documenti falsi. Tuttavia, studiando la presenza di neonazisti sia nel campo antirusso sia in quello filorusso in Ucraina, Likhachev ha concluso che “nel complesso, i membri dei gruppi di estrema destra hanno giocato un ruolo molto più importante dal lato russo del conflitto che da quello ucraino”.
Likhachev ha pubblicato il suo studio nel 2016, e ha fatto riferimento alla guerra iniziata nel 2014, ma la maggior parte dei gruppi neonazisti che combattono per i russi che ha citato sono ancora attivi nel 2022. Lo studioso ha anche scoperto che le attività neonaziste filorusse “sul territorio ucraino sono coordinate con i servizi segreti russi”.
La propaganda russa a volte sottolinea il fatto che noti neonazisti russi si sono trasferiti in Ucraina e vi si sono stabiliti. Questo non è falso, e in effetti alcuni neonazisti russi che erano diventati cittadini ucraini hanno combattuto con il Battaglione Azov fin dai suoi primi giorni.
D’altra parte, sia Likhachev sia Taras Tarasiuk e Andreas Umland (uno studioso che ho già citato in un precedente articolo) riferiscono che alcuni neonazisti russi che si erano trasferiti in Ucraina, in particolare quelli legati al partito RNU, alla fine hanno combattuto nel Donbass con i separatisti filorussi. Uno di loro, Anton Raevsky, ha cercato di organizzare un’insurrezione filorussa a Odessa. Ci si può chiedere se fossero “fuggiti” in Ucraina o non fossero piuttosto stati infiltrati nel Paese dall’intelligence russa.
Alcuni casi rimangono difficili da valutare, tra cui quello di Sergey Arkadyevich Korotkykh, che è nato a Togliatti, in Russia (una città che conserva ancora oggi il nome del leader comunista italiano Palmiro Togliatti, 1893-1964) nel 1974, ma dopo la caduta dell’Unione Sovietica è diventato cittadino della Bielorussia. Si è segnalato come uno dei principali neonazisti bielorussi, ha partecipato a diverse attività naziste in Russia, e nella primavera del 2014 si è trasferito in Ucraina, giusto in tempo per arruolarsi nell’allora appena formato battaglione antirusso Azov, dove alla fine è diventato un comandante; gli è pure stata concessa la cittadinanza ucraina.


Nel 2020, la ONG ucraina Istituto di Politica Nazionale ha pubblicato un rapporto molto dettagliato, basato, secondo Tarasiuk e Umland, su “ricerche notevoli”, la cui conclusione è che Korotkykh ha sempre lavorato per i servizi segreti russi e bielorussi. Tuttavia, nessuna azione è stata intrapresa in Ucraina contro Korotkykh. Il 4 marzo 2022, Korotkykh ha rilasciato un’intervista a un giornalista italiano in un hotel di Kiev, sventolando una bandiera del Battaglione Azov circondato da volontari russi, bielorussi e ucraini, che sosteneva stessero aspettando i russi per combatterli.
È anche vero che neonazisti occidentali e altri volontari di estrema destra hanno combattuto nella prima guerra del Donbass e stanno combattendo nella guerra del 2022: ma su entrambi i lati della barricata. Gli italiani sono un caso emblematico. Come riportato dal “Corriere della Sera”, i servizi di sicurezza italiani sono a conoscenza del fatto che una sessantina di volontari, la maggior parte dei quali estremisti di destra (anche se alcuni provengono dall’estrema sinistra), stanno combattendo nell’attuale guerra ucraina. Da entrambe le parti: anche se la presenza più antica e organizzata di estremisti italiani di destra e neonazisti è nel campo dei separatisti filorussi.
Ho un ricordo personale di questa curiosa subcultura. Quando nel 2017 ho criticato la Russia per la “liquidazione” dei Testimoni di Geova, sono stato violentemente attaccato sui social media da Andrea Palmeri, un latitante italiano che stava (e sembra stia attualmente) combattendo con i russi a Lugansk. Palmeri è un esempio da manuale di capo-tifoso di calcio (della Lucchese, squadra toscana di Serie C) accusato di violenza e da alcuni di essere un neonazista, che esalta Putin, diffonde la sua propaganda (il 24 febbraio 2022 ha riferito che l’esercito ucraino si stava “arrendendo senza combattere” e che la Russia avrebbe potuto vincere la guerra in ventiquattr’ore) e combatte con e per i russi.


Ci sono neonazisti nella guerra ucraina? Sì: da entrambe le parti, forse con una presenza maggiore dalla parte dei russi. Per quanto riguarda la “denazificazione” di Putin, un importante studioso del neonazismo europeo che ho già citato in questa serie, Anton Shekhovtsov, ha spiegato nel 2017 che cosa significa esattamente: “In una retorica russa che risale all’Unione Sovietica, ‘fascista’ significa semplicemente ‘nemico della Russia’. Se un fascista diventa amico della Russia, allora per definizione non è più fascista”.