Bandera era un “nazista”? Un “collaborazionista”? O un temporaneo “alleato dei nazisti”? La risposta è importante.
di Massimo Introvigne
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Il principale argomento usato dai russi per dimostrare che gli ucraini attuali hanno simpatie naziste sono gli onori ufficialmente tributati al leader nazionalista Stepan Bandera (1909-1959). La Russia di Putin ha ereditato dai sovietici l’uso di “banderista” come sinonimo di “nazista ucraino”. La storia, tuttavia, è un po’ più complicata.
In primo luogo, non c’è dubbio che Bandera è celebrato come un eroe nazionale in Ucraina. Ci sono letteralmente centinaia di monumenti, memoriali, musei e strade intitolate a lui. Solo il presidente filorusso Viktor Yanukovych ha cercato di invertire questa tendenza, e negare a Bandera alcuni degli onori che aveva ricevuto. Tuttavia, sarebbe falso affermare che Bandera non è un personaggio controverso nell’attuale Ucraina. Dopo che gli onori che l’Ucraina gli tributa sono stati criticati da organizzazioni ebraiche internazionali e dal Parlamento europeo, sondaggi hanno mostrato che nel 2021 solo un terzo degli ucraini aveva una visione totalmente positiva di Bandera.
Come spesso accade, la storia può essere raccontata da diverse angolazioni. Come abbiamo visto nel primo articolo di questa serie, gli ucraini approfittarono della caduta dell’impero zarista per proclamare la loro indipendenza, ma furono sconfitti dai bolscevichi che incorporarono l’Ucraina nell’Unione Sovietica. Ma i sovietici non avevano dimenticato con quanta tenacia gli ucraini avevano combattuto per la loro indipendenza. Anche gli ucraini non lo dimenticavano, e periodicamente scoppiavano delle rivolte.
Questo portò Stalin (1878-1953) a concepire ed eseguire uno dei suoi crimini più efferati. Nel 1932-33, organizzò una carestia artificiale in una vasta area dell’Ucraina, con le truppe sovietiche che impedivano agli ucraini di spostarsi altrove. Nella mente di Stalin, la carestia doveva sterminare i piccoli proprietari terrieri ucraini, la spina dorsale dell’opposizione antisovietica. L’Holodomor, l’olocausto ucraino per fame, uccise almeno tre milioni e mezzo di ucraini, ed è ora ampiamente, anche se non unanimemente, riconosciuto come un genocidio.
Chi vuole capire la storia dell’Ucraina dovrebbe sempre considerare gli orrori dell’Holodomor. Spero che un giorno sia di nuovo possibile per gli stranieri visitare il Museo Nazionale dell’Holodomor-Genocidio a Kiev. I filmati e le immagini di alcuni tra i milioni di bambini, donne e uomini che morirono di fame sono un’esperienza terribile e indimenticabile. Non si può nemmeno immaginare quanto debba essere stata devastante l’esperienza di coloro che sono sopravvissuti a malapena e hanno visto morire i loro cari.
Questo immenso crimine e tragedia spiega il profondo odio per i sovietici e Stalin che prevalse tra molti ucraini dopo il 1933, e le cui conseguenze si avvertono ancora oggi. Coloro che avevano assistito agli orrori dell’Holodomor erano pronti a collaborare con chiunque avesse promesso loro la liberazione dall’Unione Sovietica.
Gli esuli ucraini avevano fondato nel 1929 a Vienna l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN). Liti interne l’avevano divisa in due fazioni, guidate rispettivamente da Andriy Melnyk (1890-1964) e Stepan Bandera (1909-1959). Anche se Melnyk, un fervente cattolico, era un po’ più moderato, entrambi erano d’accordo che nella guerra mondiale che vedevano arrivare si sarebbero schierati con chiunque avesse combattuto Stalin.
Quando iniziò la Seconda guerra mondiale, sia Melnyk sia Bandera, che pure erano in competizione tra loro, incontrarono l’ammiraglio Wilhelm Canaris (1887-1945), allora capo dell’intelligence militare tedesca (Abwehr). Si accordarono per reclutare ucraini della diaspora per unità che avrebbero partecipato all’Operazione Barbarossa, l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica del 1941. La presenza di soldati ucraini e il sostegno dei più noti leader nella diaspora del nazionalismo ucraino persuase molti ucraini che l’Operazione Barbarossa avrebbe ripristinato la loro indipendenza.
Sulla scia dell’invasione tedesca, sia Bandera sia Melnyk proclamarono governi ucraini indipendenti concorrenti, con Bandera che celebrava più enfaticamente il nazismo e prometteva alleanza alla Germania nazista e al suo nuovo ordine europeo. Tuttavia, i nazionalisti ucraini furono rapidamente disillusi. I leader nazisti consideravano gli ucraini come parte di una razza inferiore e non avevano alcuna intenzione di concedere l’indipendenza all’Ucraina.
Alla fine, Bandera e Melnyk, che insistevano sull’indipendenza, furono entrambi arrestati e nel gennaio 1942 Bandera fu portato nel campo di concentramento di Sachsenhausen. I suoi due fratelli furono deportati ad Auschwitz, dove morirono nel 1942. Solo nel settembre 1944, quando una sconfitta tedesca sembrava probabile, Bandera fu liberato e gli fu permesso di tornare in Ucraina, nella speranza che i suoi partigiani potessero ritardare l’avanzata delle truppe sovietiche. In realtà, Bandera ricominciò a coltivare il suo sogno di indipendenza, e la sua guerriglia prese di mira sia i sovietici sia i tedeschi.
Dopo la guerra, Bandera fuggì in Occidente e visse in Germania, da dove ispirò ma non controllò una guerriglia “banderista”, che nelle foreste dell’Ucraina continuò a combattere i sovietici fino agli anni 1950. Fu assassinato a Monaco di Baviera nel 1959 dal KGB, che, come dimostrarono più tardi documenti e testimonianze, aveva ricevuto l’ordine di eliminare Bandera direttamente dal leader sovietico Nikita Khrushchev (1894-1971), il quale sperava di porre fine alla resistenza ucraina una volta per tutte.
Quando combattevano i partigiani nel 1950, i sovietici usavano “banderisti” e “collaborazionisti nazisti” come sinonimi. Come menzionato nell’articolo precedente, anche il cardinale Slipyj fu condannato come “collaborazionista nazista”, così come altri vescovi e preti cattolici. Pur preferendo la fazione di Melnyk, che rimase comunque una minoranza tra gli ucraini antisovietici, Slipyj e la Chiesa Cattolica alla fine appoggiarono Bandera.
Bandera era più un “alleato dei nazisti” che un “collaborazionista” nel senso più usuale del termine. Credeva, erroneamente, che i nazisti lo avrebbero aiutato a restaurare l’indipendenza dell’Ucraina. Certamente i nazisti non lo consideravano un nazista. Dopo aver usato Bandera per i loro scopi, lo deportarono in un campo di concentramento, come fecero con i suoi fratelli, che vi morirono.
Mentre Bandera era detenuto in Germania, migliaia di “banderisti” combatterono con la Wehrmacht fino alla fine, anche se altri andarono nei boschi a lottare sia contro i tedeschi sia contro i sovietici. Ci furono collaborazionisti ucraini che si arruolarono nelle SS e divennero anche guardie nei campi di concentramento, ma non facevano parte del movimento di Bandera, e anzi Bandera li sconfessò.
Pur non essendo ideologicamente un nazista, Bandera era antisemita, anche se – come parte delle inestricabili contraddizioni di quei tempi – alcuni membri di spicco del suo partito erano di origine ebraica o avevano sposato donne ebree, e in una fase fu accusato dai nazisti di aver salvato alcuni ebrei consegnando loro passaporti falsi.
Tuttavia, Bandera credeva che una componente ebraica fosse prominente nel comunismo russo e ucraino, e la sua incendiaria retorica antiebraica ebbe un ruolo nei pogrom che seguirono l’invasione tedesca del 1941 e nella partecipazione di ucraini, alcuni dei quali membri del suo partito, a gravissime atrocità naziste contro gli ebrei.
Come ho riferito nell’articolo precedente, ho incontrato più di una volta il cardinale Slipyj alla fine degli anni 1970 a Roma. Non aveva alcuna simpatia per il nazismo, ma non condivideva l’opinione prevalente in Occidente che il regime sovietico fosse in qualche modo meno criminale di quello nazista, né era disposto a condannare quegli ucraini che si erano schierati con la Germania nazista nella Seconda guerra mondiale considerandola come il minore di due mali. Slipyj è una figura complessa, ma la mia impressione è che gli mancassero gli strumenti culturali per percepire pienamente la dimensione intrinsecamente perversa del nazismo, e fosse anche amareggiato perché l’Occidente gli sembrava impreparato o non disposto a riconoscere l’enormità dell’Holodomor.
Per quanto riguarda gli ucraini di oggi, i sondaggi che mostrano diverse opinioni su Bandera confermano che la maggior parte di loro è disposta ad affrontare il proprio passato e ad ammettere la natura perversa della collaborazione con il nazismo, così come denuncia la natura perversa della collaborazione con il comunismo sovietico.
Tuttavia, proprio come accade in Lituania, dove alcuni di coloro che sono onorati come combattenti per la libertà contro i sovietici hanno anche un imbarazzante passato antisemita o filonazista, questa purificazione della memoria storica è qualcosa cui gli ucraini non possono che arrivare da soli. Le pressioni e le manipolazioni da parte dei russi, che ripetono i vecchi slogan propagandistici secondo cui tutti coloro che erano contro i sovietici erano “banderisti”, e tutti i “banderisti” erano “nazisti”, non fanno che perpetuare negli ucraini un atteggiamento difensivo rispetto al loro passato.