Scientology è un esempio unico di una religione che ha la riservatezza come aspetto essenziale delle sue principali pratiche religiose.
di Massimo Introvigne
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Continuo con questo articolo la mia recensione di “Religious Confession and Evidential Privilege in the 21st Century” (Shepherd Street Press, Cleveland, Queensland, 2021), a cura di Mark Hill e A. Keith Thompson. Il libro tratta del segreto della confessione, e discute come le leggi che permettono ai ministri di culto di non rivelare a nessuno, compresi la polizia o i giudici, quello che è stato detto loro dai parrocchiani nel corso di un rapporto confidenziale tra confessore e penitente siano state attaccate da chi ha proposto di abolirle dopo lo scandalo dei preti pedofili nella Chiesa Cattolica.
Il capitolo finale del libro è di Eric Lieberman, un noto avvocato di New York. È di particolare importanza perché è l’unico capitolo che va oltre il caso delle confessioni cristiane, anche se la maggior parte degli altri autori nota che il problema, in uno scenario contemporaneo di pluralismo religioso, coinvolge necessariamente tutte le religioni.
Lieberman parte dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che vieta il riconoscimento privilegiato di una religione da parte del governo, vietando così anche che la confessione praticata da una Chiesa sia più protetta rispetto a pratiche simili in altre religioni, e nello stesso tempo protegge il libero esercizio della religione da interferenze governative. L’autore pensa che i casi di altri Paesi avranno un impatto limitato negli Stati Uniti, poiché “la norma sul Libero Esercizio è un concetto originale americano e un’invenzione diversa da qualsiasi legge precedentemente conosciuta” (282).


Il Primo Emendamento è anche, secondo Lieberman, una delle ragioni per cui per nuove religioni nascere e prosperare negli Stati Uniti è stato più facile che altrove. Una di queste nuove religioni è la Chiesa di Scientology, l’argomento del capitolo di Lieberman. Egli nota che Scientology non è una semplice nota a piè di pagina nel libro, poiché offre “un esempio unico di una moderna religione in espansione le cui pratiche centrali si basano su comunicazioni strettamente riservate tra parrocchiani e ministri di culto. La struttura delle comunicazioni riservate in Scientology è un aspetto essenziale dei principi e delle credenze della religione e della sua comunità. In effetti, la capacità della Chiesa di Scientology di praticare il suo credo si basa sulla riservatezza delle comunicazioni tra i suoi parrocchiani e i suoi ministri di culto” (282-83).
Il problema centrale, che Scientology ha naturalmente in comune con altre religioni, è che le sue pratiche confessionali “non si adattano agli schemi cristiani tradizionali” (283) che certamente i giudici che hanno creato la giurisprudenza americana sul segreto della confessione avevano in mente. La pratica centrale di Scientology è l’“auditing”, in cui un ministro di culto qualificato (auditor) offre un servizio spirituale ai parrocchiani, allo scopo di aiutarli a superare i loro problemi e aumentare le loro capacità. Si suppone che i parrocchiani parlino all’auditor dei loro “withholds”, cioè di atti contro sé stessi o altri che potrebbero danneggiare il loro progresso spirituale.
Si tratta di una pratica confessionale che ha centinaia di versioni specializzate diverse – per esempio, il Marriage Counseling di Scientology per i problemi coniugali – e può funzionare solo se i parrocchiani sono “sicuri che le loro comunicazioni rimarranno assolutamente riservate e non saranno divulgate” (286). Infatti, un parrocchiano può “rivelare informazioni di natura altamente personale e confidenziale. In altre parole, un parrocchiano può raccontare al suo ministro di culto segreti che non sono noti a nessun altro. Tali informazioni potrebbero rivelare atti immorali o non etici, o rientrare nell’intera gamma di emozioni, eventi, considerazioni e storie che nessuno vuole rendere pubbliche” (288). Quindi, la riservatezza è essenziale.
In questo senso, la pratica ha analogie con la confessione cristiana. Tuttavia, a differenza di quest’ultima, l’auditing di Scientology richiede che l’auditor prenda appunti, che sono conservati in una cartella speciale chiamata “Cartella del Preclear” (ad indicare che il parrocchiano stava passando allo stato spirituale più avanzato di “clear”) e tenuti sottochiave in condizioni di alta sicurezza. Poiché Scientology crede nella reincarnazione, quando i parrocchiani muoiono le loro cartelle vengono conservate per il loro “ritorno nella prossima vita” (290). Inoltre, gli auditor sono supervisionati da Supervisori del Caso, che non hanno contatti con i parrocchiani, ma hanno accesso alle loro Cartelle del Preclear, dove inseriscono le istruzioni scritte destinate agli auditor. Parte del gruppo ministeriale è anche un Ufficiale di Etica, che guida il parrocchiano a risolvere questioni etiche quando necessario.


Queste differenze impediscono l’applicazione all’auditing di Scientology dei principi che i tribunali americani hanno riconosciuto a protezione della confessione cristiana? Per rispondere a questa domanda, secondo Lieberman, sono necessarie due premesse. In primo luogo, mentre la maggior parte dei casi sul segreto della confessione sono stati decisi secondo i precedenti giurisprudenziali, la storica decisione federale “Mullen” del 1959 della Corte del Distretto di Columbia “e le sue conseguenze impongono inevitabilmente il riconoscimento della protezione come fondata sulla Costituzione” (294). Ragionare diversamente implicherebbe che la protezione del segreto “si applica solo alle confessioni di certe Chiese e non a quelle di altre” (295).
In secondo luogo, Lieberman sostiene che gli elementi che rendono le pratiche confessionali di Scientology diverse dalla confessione cattolica non sono unici. Non è vero, in particolare, che solo in Scientology la “confessione” non è una pratica individuale ma coinvolge più di due persone. Già nel 1917, nel caso “Reutkemeier v. Nolte”, la Corte Suprema dell’Iowa aveva esteso la protezione del segreto alla “confessione di un peccato” fatta da una donna presbiteriana al suo pastore e a tre anziani della congregazione. Nel 1994, la Corte Suprema dello Utah ha concluso che le rivelazioni fatte per ricevere un consiglio autorevole da parte della Chiesa a un vescovo (l’equivalente di un parroco cattolico) della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (cosiddetti “Mormoni”) non perdono il loro status protetto perché il vescovo le ha successivamente trasmesse per la revisione a un Alto Consiglio di Palo (l’equivalente di una commissione diocesana cattolica). Altre decisioni hanno raggiunto la stessa conclusione, con una Corte d’Appello federale che nel 1990 ha dichiarato che escludere dal privilegio le comunicazioni confidenziali che hanno raggiunto più di un ministro della stessa organizzazione religiosa rischierebbe di “limitare la protezione alle sole confessioni cattoliche”, il che sarebbe costituzionalmente inammissibile (301).


Va anche considerato, nota Lieberman, che una solida giurisprudenza della Corte Suprema stabilisce che lo Stato non può interferire nel modo in cui gli enti religiosi decidono di auto-organizzarsi. La conclusione è che è “inconcepibile, secondo questi casi, che un tribunale degli Stati Uniti ordini a un ministro di culto di rivelare una comunicazione privilegiata in contrasto con le regole e il governo della sua Chiesa, anche nel caso improbabile che il parrocchiano tenti di rinunciare al privilegio” (305).
Il caso di un penitente, sospettato di omicidio, che ha acconsentito all’uso in tribunale di una confessione fatta a un sacerdote cattolico in carcere e registrata all’insaputa del prete, è stato deciso dalla Corte d’appello degli Stati Uniti per il Nono Circuito nel 1997 nel caso “Mockaitis v. Harcleroad”. La Corte ha concluso che, nonostante il consenso del penitente, la confessione non può essere usata come prova, e qualsiasi uso del genere violerebbe la libertà religiosa del sacerdote e della Chiesa cattolica. È vero che il caso fu deciso in base al Religious Freedom Restoration Act (RFRA), che fu poi dichiarato parzialmente incostituzionale per altri motivi, ma Lieberman ritiene che i principi generali affermati in “Mockaitis” derivino dalla Costituzione piuttosto che dal RFRA, e la loro interpretazione rimanga valida.
Se le comunicazioni confessionali ai ministri sono protette a prescindere dalla religione che le ha ricevute, o da quanti ministri vi abbiano avuto accesso, o dal fatto che siano state messe per iscritto e archiviate o meno, e su queste questioni le religioni sono libere di auto-organizzarsi come ritengono opportuno, allora la conclusione su Scientology è ineludibile, sostiene Lieberman. “La pratica centrale di Scientology, l’auditing, soddisfa tutti i requisiti necessari per una piena protezione in ogni Stato e nelle corti federali secondo le norme costituzionali” (307).
L’auditing “comporta l’intervento di più di un ministro di culto”, ma “questa caratteristica è resa necessaria dalle credenze e dalla struttura della religione, come avviene del resto in numerose denominazioni diverse da Scientology”. Proprio come un prete cattolico, “a un auditor di Scientology è proibito, per una questione di fede e dottrina, rivelare quello che è stato detto o trascritto in una seduta di auditing, anche nel caso in cui un parrocchiano decida di rinunciare al segreto”. I ministri di culto di Scientology dovrebbero essere protetti proprio come lo sono i preti cattolici. “Il principio generale è che tutte le religioni e le fedi devono essere trattate allo stesso modo, rispettando le diversissime forme e pratiche con cui gli americani esprimono la loro fede” (307).