Per il fondatore di Scientology, se la tecnica mette in pericolo la trasmissione del messaggio, l’artista dovrebbe cambiare la tecnica piuttosto che il messaggio.
di Massimo Introvigne
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Il 30 agosto 1965 Hubbard pubblicò un bollettino tecnico di importanza cruciale per la sua teoria dell’arte. Egli prese nuovamente come punto di partenza il fatto che “l’arte, tra le attività intraprese dall’uomo, è la meno codificata e meno compresa”. La domanda sull’arte “è una delle domande dell’uomo che ha trovato meno risposte”.
Ribadiva anche il principio generale di Dianetics secondo cui “il campo che contiene il maggior numero di autorità contiene la minor quantità di conoscenza codificata”. Poiché “l’arte abbonda di autorità”, ovviamente ne esiste una conoscenza reale molto scarsa.
Hubbard spiegò che erano ormai quindici anni che aveva iniziato a considerare come “codificare” la conoscenza dell’arte e a discutere di questo tema con Donald H. Rogers, uno dei membri del circolo originario di Dianetics, a Elizabeth, New Jersey. Egli annunciò che “questa [la ‘codificazione’ della teoria estetica] ora è stata fatta”.
All’inizio, l’arte “sembrava essere al di fuori del campo di Dianetics e Scientology”. Hubbard, tuttavia, non fu persuaso da questa conclusione e alla fine “fece una scoperta”. Si rese conto che l’arte e la comunicazione sono strettamente collegate. Infatti, “ARTE è una parola che riassume la QUALITÀ DELLA COMUNICAZIONE” (maiuscolo nell’originale). Scientology aveva già elaborato alcune “leggi” sulla comunicazione. Ora, avrebbero dovuto essere applicate alle arti.
Nel 1965, Hubbard era pronto a proporre tre assiomi. Il primo era che “troppa originalità getta il pubblico in una condizione di estraneità e quindi nel disaccordo”. La comunicazione, infatti, comprende la “duplicazione”. Se il pubblico fosse totalmente incapace di replicare l’esperienza, non capirebbe né apprezzerebbe l’opera d’arte. Il secondo assioma insegnava che, ai fini della comunicazione, “la TECNICA non dovrebbe innalzarsi oltre il livello della funzionalità”. Il terzo sosteneva che “Non si può ottenere PERFEZIONE a scapito della comunicazione” (maiuscole nell’originale).
Hubbard riteneva che il suo approccio all’estetica fosse nuovo rispetto alle teorie dell’arte sia classica sia contemporanea. La seconda sottolinea “l’originalità”, al punto che il pubblico è spesso sorpreso ma, secondo Hubbard, non persuaso. La prima teoria cercava la perfezione attraverso la tecnica. Ma, secondo Hubbard, “cercare la perfezione è un obiettivo sbagliato nell’arte”. L’obiettivo giusto è la comunicazione. “Con essa si dovrebbe per prima cosa cercare la comunicazione e poi perfezionarla entro limiti ragionevoli”. Troppa perfezione trasporta l’artista in un regno inaccessibile al pubblico. “Se si cerca di raggiungere una perfezione più alta di quella che si è in grado di ottenere per produrre una comunicazione, non si comunicherà”. Ciò non significa che la perfezione tecnica sia irrilevante. L’artista dovrebbe cercare il più alto livello di perfezione tecnica compatibile con una comunicazione efficace. “La perfezione è definita come la qualità ottenibile che ancora permette la trasmissione della comunicazione”. Spesso l’artista dovrebbe essere pronto ad abbassare il livello di perfezione per permettere alla comunicazione di fluire.


Lo stesso vale per la tecnica. Nel campo dell’arte, la comunicazione è il primo obiettivo e una buona resa tecnica del messaggio è il secondo. Ma questo secondo obiettivo secondo Hubbard è sempre subordinato al primo. La tecnica dovrebbe essere della qualità più elevata possibile, ma mai così elevata da compromettere la comunicazione. “La comunicazione è l’obiettivo primario. La qualità tecnica della cosa è la considerazione secondaria”. Se la tecnica mette in pericolo la trasmissione del messaggio, l’artista dovrebbe cambiare la tecnica piuttosto che il messaggio.
Naturalmente è anche vero che al di sotto di un certo livello di tecnica non c’è arte. Ma questa, insiste Hubbard, è proprio la differenza tra un artista professionista e un dilettante, una distinzione su cui tornerà negli anni a venire: “Un professionista delle arti è una persona che produce una comunicazione mediante la forma d’arte con il minimo sacrificio della qualità tecnica (…). Comunicazione assente equivale ad arte assente. Non realizzare la comunicazione per mancanza di perfezione tecnica è l’errore primario. È un errore anche non spingere gli aspetti tecnici del risultato a un livello più alto possibile”.
“L’arte per l’arte”, sostiene Hubbard, ha sempre fallito perché è “un tentativo di perfezione senza comunicare”. Diventiamo artisti quando impariamo a comunicare. Tranne in casi molto rari, questo non avviene in modo naturale, né si ottiene da un giorno all’altro. Normalmente, si diventa artisti gradualmente, riflettendo sui fallimenti del passato nel comunicare. Si tratta, infatti, di engram, e gli artisti dovrebbero essere “riabilitati” attraverso Dianetics come tutti gli altri, pur considerando che hanno engram specifici. Infatti, “a causa della natura della mente reattiva, la completa riabilitazione [degli artisti] è raggiunta soltanto attraverso il conseguimento dello stato di Release e di Clear”.


Non basta comunicare a se stessi. Gli artisti dovrebbero imparare a comunicare a un pubblico più ampio: “Per formulare una forma o presentazione artistica di successo è necessario avere un concetto dell’osservatore e una qualche comprensione del suo livello di accettazione”. Per determinare come si possa raggiungere questo risultato, Hubbard ritorna alla premessa che la comunicazione si basa sulla familiarità. Lo spettatore riceve e comprende il messaggio se non è troppo lontano da ciò che considera familiare. “Per avere successo, l’arte dipende dalle esperienze passate e dalle associazioni dell’osservatore”.
Poiché gli osservatori variano, non ci sono regole generali. Tuttavia, un artista non dovrebbe concludere facilmente che la comunicazione fallisce perché il pubblico non è abbastanza istruito, o il suo gusto non è abbastanza colto, o il messaggio è troppo avanzato e rivoluzionario. Più spesso, lo scarso rapporto con il pubblico non è causato dal pubblico stesso, ma dagli engram dell’artista, basati su fallimenti precedenti. Questi engram dovrebbero essere eliminati. “Scientology, quindi, rappresenta un’assoluta necessità per ogni artista, se vuole avere successo senza patemi d’animo”.
Ci sono artisti che mostrano “una mancanza di desiderio di comunicare”. È così che, spiega Hubbard, le vecchie scuole o le forme d’arte decadono e scompaiono. Alcuni credono che decadano perché, all’interno di una scuola o di uno stile, gli artisti di una generazione successiva si limitano a imitare quelli della prima e mancano delle capacità tecniche e del genio dei loro maestri. Ma il vero problema è la comunicazione, non la “tecnologia”. Le vecchie forme decadono perché diventano ossessionate dalla tecnica e dimenticano che lo scopo dell’arte è la comunicazione. “Tutte le vecchie forme d’arte finiscono con l’essere assediate da ‘cose che si devono assolutamente fare’ e ‘cose che non si devono assolutamente fare’ da un punto di vista tecnico e cessano perciò di comunicare”.
C’è anche una “repressione primaria”, quando un’opera d’arte viene fisicamente danneggiata o distrutta. D’altro canto, anche il fatto di non permettere mai una comunicazione non distruttiva, perché priva di forma artistica, è soppressivo.
L’arte si trova, secondo Hubbard, in mezzo tra queste diverse forme di soppressione. L’arte vera e propria è la capacità di creare opere con la migliore tecnica e il massimo grado di perfezione possibile senza danneggiare la comunicazione.