Espressioni simili hanno violato i diritti dei Testimoni di Geova secondo due sentenze del Tribunale di Torrejón de Ardoz… ma non secondo una terza.
Massimo Introvigne
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In un paese appassionato di calcio come la Spagna, la differenza tra vincere 3-0 e 2-1 è facilmente comprensibile. Tuttavia, quando i “goal” sono sentenze emesse da giudici diversi dello stesso tribunale rispetto agli stessi fatti, o a fatti molto simili, si crea una confusione che forse i giudici del tribunale superiore dovranno un giorno risolvere.
In Spagna esiste un gruppo anti-sette chiamato Associazione spagnola delle vittime dei Testimoni di Geova (AEVTJ). Il nome dice già tutto. L’attività dell’AEVTJ consiste nel volere dimostrare pubblicamente che i Testimoni di Geova sono una “setta” che avrebbe agito a danno delle sue “vittime”, con il consueto elenco di accuse impiegato dalle associazioni anti-sette di tutto il mondo. In questo caso, i Testimoni di Geova spagnoli hanno ritenuto che il loro diritto all’onore fosse stato violato e hanno deciso di reagire. La loro “partita” contro l’AEVTJ è stata giocata nel campo di Torrejón de Ardoz e ha attraversato (finora) tre fasi.
Fase 1. Il 21 novembre 2022, il quotidiano spagnolo “El Mundo” ha pubblicato un articolo contro i Testimoni di Geova sulla base delle informazioni fornite dall’AEVTJ. Il 2 ottobre 2023 il Tribunale di primo grado n. 1 di Torrejón de Ardoz ha stabilito che “El Mundo” aveva ricevuto informazioni false dall’AEVTJ. Ha ordinato al giornale di pubblicare la replica dei Testimoni di Geova e di pagare le spese processuali. La corte ha esplicitamente qualificato come false e offensive le dichiarazioni che definivano i Testimoni di Geova una “secta”, la parola spagnola per “setta”, che descrivevano in modo impreciso il loro atteggiamento nei confronti degli abusi sessuali sui bambini, tra l’altro in base a una certa interpretazione di un controverso rapporto australiano, e in cui si sosteneva che lo “shunning”, ovvero il rifiuto di stare in compagnia di ex membri dissociati e di coloro che hanno lasciato pubblicamente l’organizzazione, equivale a infliggere illegalmente una forma di “morte sociale” agli stessi ex membri. Testimoni di Geova 1, AEVTJ (la fonte di quello che “El Mundo” aveva pubblicato) 0.
Fase 2. In un video di presentazione della sua organizzazione, il segretario dell’AEVTJ, Enrique Carmona, ha ripetuto gli stessi commenti sui Testimoni di Geova che “El Mundo” aveva pubblicato e ha aggiunto alcune espressioni colorite; ad esempio, ha definito l’organizzazione religiosa una “setta” e una “malattia”. Il 25 ottobre 2023, il Tribunale di primo grado n. 1 di Torrejón de Ardoz ha dichiarato Carmona colpevole di aver violato il diritto all’onore dei Testimoni di Geova per via delle principali dichiarazioni rese nel suo video. L’AEVTJ ha un avvocato che a volte sembra essere più anti-sette dell’associazione stessa, un certo Carlos Bardavío, il quale – per quanto strano possa sembrare – viene talvolta presentato come “il più grande esperto di sette del mondo”. Dal momento che non “tutti” i commenti nel video erano stati ritenuti lesivi del diritto all’onore dei Testimoni di Geova, Bardavío ha affermato, stranamente, che l’AEVTJ aveva “vinto” la causa. In cause di questo tipo, per sapere chi ha vinto e chi ha perso, basta guardare quale delle parti è stata condannata a pagare un risarcimento alla parte avversa; ed è stato Carmona a dover dare 5.000 euro ai Testimoni di Geova, non il contrario. Testimoni di Geova 2, AEVTJ 0.
Terza fase. Diversi testimoni di Geova e la loro organizzazione religiosa in Spagna avevano citato in giudizio direttamente l’AEVTJ. Sostenevano che le sue attività e le sue pubblicazioni violassero il diritto all’onore dei Testimoni di Geova. Questa causa è stata discussa dinanzi alla Sesta Sezione del Tribunale di Primo Grado di Torrejón de Ardoz, che il 5 dicembre si è pronunciata contro i Testimoni di Geova e ha dichiarato che l’AEVTJ non aveva violato il loro diritto all’onore. Testimoni di Geova 2, AEVTJ 1. La partita non finisce qui, poiché questa decisione sarà impugnata, e sembra un po’ strano che la Sesta Sezione del tribunale di Torrejón de Ardoz abbia ignorato e contraddetto ciò che la Prima Sezione aveva affermato con chiarezza.
È sempre utile leggere l’intera sentenza, che l’avvocato Bardavío e la propaganda dell’AEVTJ sui social media stanno già riducendo a “noi abbiamo vinto, loro hanno perso, e una giudice ha certificato che i Testimoni di Geova sono una setta malevola”. Anche se trovo la decisione non ben motivata e derivante in parte da pregiudizi, la questione è comunque più complicata di così.
La sentenza si basa su due argomenti giuridici. Il primo è che nella giurisprudenza spagnola, più che in quella di altri paesi, nel caso di conflitto tra i due diritti, a venire tutelata è stata, tradizionalmente, la libertà di espressione rispetto al diritto all’onore. Secondo questa giudice, il criterio è particolarmente vero quando si considera il diritto all’onore di un’organizzazione religiosa. Ad esempio, spiega la sentenza, i tribunali spagnoli hanno permesso ai critici della Chiesa Cattolica di dichiarare che essa costituisce “un potere politico anziché una religione”, che ha sistematicamente protetto i preti pedofili e che ha commesso una serie di crimini (p. 59). Anche quando le accuse non sono vere, la giurisprudenza spagnola ritiene che le associazioni che prendono di mira una particolare religione e che riuniscono i suoi ex membri scontenti possano svolgere il ruolo di “cane da guardia”, e, a condizione che “non vadano oltre i limiti… della libertà religiosa”, esse possano anche esercitare un ruolo positivo nell’indurre le religioni a migliorare e a riformarsi (p. 71).
L’interpretazione della giurisprudenza spagnola da parte della giudice è discutibile. In un articolo accademico scritto prima della sentenza, in riferimento alla campagna diffamatoria contro i Testimoni di Geova, un eminente giurista spagnolo, il professor Juan Ferreiro Galguera, ha espresso un’opinione diversa. Ha scritto che secondo la legge spagnola “la libertà di esprimere opinioni prevarrà sul diritto all’onore nella misura in cui queste opinioni siano l’espressione di un ‘animus criticandi’ o di un ‘animus jocandi’ [critica o satira umoristica]. Tuttavia, la libertà di espressione non protegge il diritto all’insulto, cioè non protegge quelle affermazioni denigratorie fatte da un inequivocabile ‘animus injuriandi’, cioè con l’intenzione diretta e prevalente di ferire, di umiliare o di disonorare una persona fisica o, in questo caso, una confessione religiosa… Le espressioni che possono essere incluse nella categoria dell’incitamento all’odio (hate speech) ricadono al di fuori dell’ambito della libertà di espressione” (“Honor de las confesiones religiosas ante la libertad de expresión: especial referencia a los Testigos de Jehová”, “Revista General de Derecho Canónico y Eclesiástico del Estado” 63 [ottobre 2023], pp. 1–55 [p. 53]).
Il secondo principio menzionato nella sentenza di Torrejón è che “la veridicità [veracidad] non deve essere confusa con la verità [verdad]” (p. 21). Citando precedenti legali spagnoli, la sentenza afferma che per essere protetti dalla libertà di espressione, anche quando potenzialmente lesiva del diritto all’onore di una comunità, è sufficiente la “veridicità” e non è richiesta la verità. Ad esempio, quando i media riportano che un’organizzazione è stata accusata di un certo comportamento dannoso, la “veridicità” non dovrebbe essere identificata con l’“accuratezza della notizia” (exactitud de la noticia). “La veridicità richiesta è limitata alla verità oggettiva dell’esistenza dell’affermazione”, anche se l’affermazione riportata non è accurata (p. 22). La veridicità “deve essere intesa come il risultato della diligente attività svolta dal comunicatore nel verificare che le informazioni che intende diffondere siano conformi alla realtà, anche se successivamente si dimostri che tali informazioni non sono esatte, e a seguito di un procedimento giudiziario o d’indagine possano addirittura rivelarsi false” (p. 23).
Di conseguenza, nel verdetto si è affermato che non era necessario stabilire la “verità” o l’“accuratezza” delle accuse sollevate dall’AEVTJ per concludere che esse sono protette dalla libertà di espressione. Era sufficiente valutare la loro “veridicità”.
Nella sentenza si dedicano poi diverse decine di pagine a riportare dichiarazioni di ex Testimoni di Geova “apostati” che hanno testimoniato di credere che le accuse dell’AEVTJ circa ostracismo, abusi sessuali, trasfusioni di sangue e altre questioni siano vere e a citare i media che hanno ripetuto le stesse accuse. È interessante notare come il tribunale riferisca che “nel settembre 2019 sia i giornali ‘El País’ che ‘ABC’ hanno riferito che, a Milano, genitori testimoni di Geova si erano visti revocare temporaneamente la potestà genitoriale su una bambina di 10 mesi affinché questa potesse ricevere un’indispensabile emotrasfusione”. Tuttavia, la giudice sembra non essere a conoscenza del fatto che il verdetto del 2019 emesso dal Tribunale per i Minorenni di Milano, il cui contenuto era stato peraltro riportato dai media in modo del tutto errato, è stato ribaltato dalla Corte d’Appello di Milano il 10 settembre 2020.
È stato citato anche l’immancabile rapporto della Royal Commission australiana, o la sua attuale interpretazione da parte degli anti-sette, ignorando le obiezioni degli studiosi e il fatto che nel giugno 2021 News Corp (Daily Telegraph Australia), il più grande organo d’informazione australiano, ha pubblicato delle scuse per aver fatto un uso errato (come hanno fatto anche molti altri media) del rapporto della Royal Commission, diffondendo informazioni inesatte secondo cui i Testimoni di Geova avevano coperto abusi sui minori.
La giudice ha anche scritto erroneamente che in Belgio “la confessione [dei Testimoni di Geova] è stata condannata” per aver nascosto abusi sessuali (p. 50), mentre in realtà è accaduto il contrario. Sono stati il governo belga e la sua agenzia anti-sette a essere giudicati colpevoli dal Tribunale di Bruxelles di aver accusato i Testimoni di Geova, falsamente e senza prove, di aver nascosto abusi sessuali.
Benché lo standard relativo alla “veridicità” parrebbe sufficiente a scagionare l’AEVTJ da qualsiasi responsabilità – sulla base del fatto che diversi media e organizzazioni avevano diffuso le stesse accuse, vere o false che fossero – la sentenza rivela un pregiudizio nella misura in cui le opinioni degli studiosi, dei Testimoni di Geova che sono felici di rimanere nell’organizzazione e dei tribunali stranieri (per non parlare della Prima Sezione dello stesso Tribunale di Torrejón de Ardoz) sono ignorate o frettolosamente respinte, e viene dato un peso sproporzionato agli anti-sette e agli ex membri “apostati”, ai quali è chiaramente diretta la simpatia della giudice che ha redatto la decisione. Credo inoltre che la giudice abbia sbagliato quando ha usato i dizionari per concludere che le espressioni “secta” (setta) e “vittima” possono avere un significato neutro o non offensivo, dato che nel contesto delle attuali polemiche mediatiche sulle “sette” tali termini hanno certamente acquisito un evidente significato dispregiativo. Questo è ciò che afferma anche la sentenza Tonchev della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’uso dell’espressione bulgara equivalente a “secta” o “setta”. Si tratta di una sentenza che la giudice spagnola ha ritenuto non applicabile al suo caso in quanto tutelava la libertà religiosa piuttosto che il diritto all’onore.
In definitiva, nel verdetto si è adottato un approccio di libero mercato. “Anche se alcune espressioni sono inesatte o esagerate, come discusso sopra, il diritto alla libertà di espressione e di informazione prevale sul diritto all’onore” (p. 71). Anziché affidarsi ai tribunali, i Testimoni di Geova sono incitati a uscire allo scoperto “per spiegare o difendere le loro credenze, le loro pratiche, le loro tradizioni e per contraddire, se necessario, con totale libertà, le critiche ricevute, a maggior ragione nella società odierna in cui ci sono vari mezzi di comunicazione, social network e risorse digitali per esprimere liberamente le proprie opinioni”.
Questo commento appare piuttosto ingenuo, in quanto presuppone che una minoranza religiosa calunniata e i suoi oppositori abbiano pari accesso ai media. In realtà, è quasi solo la voce degli oppositori che viene ascoltata attraverso i media, i cui pregiudizi contro i gruppi stigmatizzati come “sette” sono oggetto di studio da decenni. Paradossalmente, ciò è confermato dalla sentenza stessa, che si basa ampiamente sulla propaganda anti-sette diffusa attraverso i media spagnoli e internazionali. A sua volta, la sentenza è stata riportata da diversi media spagnoli, che si sono basati soltanto sui post pubblicati sui social media e sui comunicati stampa di AEVTJ, senza nemmeno prendersi la briga di leggerne il testo.
La sentenza riconosce che “è anche noto che i Testimoni di Geova sono cittadini assolutamente pacifici in quanto è loro vietato imbracciare le armi contro un altro essere umano, che essi non entrano in conflitto con la società e che promuovono comportamenti molto positivi per gli esseri umani come l’etica del lavoro, la cura della famiglia, la proibizione circa l’uso di droghe, e il consumo molto limitato di alcol. Tutte queste virtù, che vanno a beneficio anche della società spagnola, possono essere espresse pubblicamente allo stesso modo dalla confessione o dai fedeli stessi”.
Ho il sospetto che questa parte della decisione non sarà pubblicizzata dall’avvocato Bardavío o dall’AEVTJ. Resta però da chiedersi se i tribunali debbano agire solo come arbitri distanti e un po’ pigri, permettendo ai giocatori di farsi del male a vicenda e lasciando alcuni di loro liberi di usare accuse false, anche se forse tecnicamente “veridiche”, o debbano intervenire per proteggere la dignità delle minoranze calunniate e la loro libertà di religione o di credo, che può essere separata dal loro diritto all’onore in teoria ma non in pratica.
La maggior parte dei tribunali di tutto il mondo – e anche un’altra sezione dello stesso tribunale – ha risposto alla questione in modo diverso rispetto alla Sesta Sezione del Tribunale di primo grado di Torrejón de Ardoz. Credo che questi altri tribunali abbiano ragione, e che la Sesta Sezione abbia torto. Fino a quando non sarà auspicabilmente corretta da un tribunale superiore, nazionale o europeo, la sentenza del 5 dicembre dovrebbe essere considerata un’anomalia, la proverbiale eccezione che conferma la regola stabilita da decine di sentenze le cui conclusioni sono risultate favorevoli ai Testimoni di Geova.