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Pretesti per un’invasione. Il mito dei “colpi di stato americani” in Ucraina. 4. La NATO ha davvero promesso di non espandersi verso est?

04/19/2022Massimo Introvigne |

La Russia attribuisce a conversazioni del 1990 con Gorbaciov una portata che non avevano. Fu la Russia che promise nel 1994 di rispettare i confini dell’Ucraina.

di Massimo Introvigne

Articolo 4 di 4. Leggi l’articolo 1, l’articolo 2 e l’articolo 3.

Il Segretario di Stato James Baker con il presidente George H.W. Bush (1924-2018).
Il Segretario di Stato James Baker con il presidente George H.W. Bush (1924-2018). Crediti.

Uno dei miti più tenaci sulle invasioni russe dell’Ucraina del 2014 e del 2022 è che siano una risposta alla violazione occidentale di una promessa di non espandere la NATO verso est. L’Ucraina non stava per entrare nella NATO, qualcosa che richiede un percorso molto lungo, nel 2014, né nel 2022, ma la questione che voglio discutere qui è la presunta “promessa” del 1990, e chi è stato a violare accordi internazionali.

Anche media rispettabili hanno presentato durante la guerra del 2022, come se fosse uno scoop, la pubblicazione da parte del National Security Archive di trascrizioni di conversazioni tra leader occidentali e Mikhail Gorbaciov, allora presidente dell’Unione Sovietica, nel 1990 e 1991. Il National Security Archive è un’istituzione archivistica privata presso la George Washington University che raccoglie, pubblica e commenta documenti americani e altri documenti declassificati. Questa pubblicazione è avvenuta nel 2017, non esattamente ieri, e i documenti sono già stati ampiamente analizzati e discussi in articoli accademici e conferenze internazionali.

Il National Security Archive merita certamente un ringraziamento per aver pubblicato documenti che chiariscono chi ha detto cosa e a chi, e aiutano a correggere le ricostruzioni precedenti al 2017 basate solo sui ricordi di Gorbaciov e di altri.

Il tema in discussione era l’unificazione della Germania, e le conversazioni tra i leader dell’Unione Sovietica, della Germania Ovest, degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Francia e della NATO portarono alla firma del Trattato di Mosca del 12 settembre 1990, noto anche come il trattato Due più Quattro. Firmando questo storico trattato, l’Unione Sovietica, il cui consenso era necessario a causa dei trattati che avevano seguito la Seconda guerra mondiale, accettava l’unificazione della Germania. L’articolo 6 del trattato stabiliva che la Germania unificata avrebbe avuto il diritto di decidere a quali alleanze internazionali appartenere, il che significa che l’Unione Sovietica non si sarebbe opposta alla sua adesione alla NATO. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 5, si conveniva che nessuna truppa straniera e nessuna arma nucleare sarebbe stata dispiegata nella parte della Germania unificata che era stata precedentemente la Germania Est.

Pagina del Trattato di Mosca con le firme dei ministri degli Esteri di Francia (Roland Dumas), Unione Sovietica (Eduard Shevardnadze, 1928-2014), Regno Unito (Douglas Hurd) e Stati Uniti (James Baker).
Pagina del Trattato di Mosca con le firme dei ministri degli Esteri di Francia (Roland Dumas), Unione Sovietica (Eduard Shevardnadze, 1928-2014), Regno Unito (Douglas Hurd) e Stati Uniti (James Baker). Crediti.

Convincere Gorbaciov a firmare questo trattato, cui molti in Unione Sovietica si opponevano, non fu un compito facile. I documenti pubblicati nel 2017 mostrano che nelle loro conversazioni con Gorbaciov i leader occidentali cercarono di convincerlo che non doveva percepire come una minaccia il nuovo ordine europeo che si stava costruendo dopo la caduta del Muro di Berlino. Fu in questo contesto che il Segretario di Stato americano James Baker disse a Gorbaciov il 9 febbraio 1990 al Cremlino che la NATO non si sarebbe espansa “di un centimetro verso est”.

Dalla trascrizione della conversazione Baker-Gorbaciov del 9 febbraio 1990: si noti la famosa espressione “no… one inch to the east” (non un centimetro a est). Fonte: National Security Archive.
Dalla trascrizione della conversazione Baker-Gorbaciov del 9 febbraio 1990: si noti la famosa espressione “no… one inch to the east” (non un centimetro a est). Fonte: National Security Archive.

Nel 1996, in una situazione politica molto diversa rispetto al 1990, Yevgeny Primakov (1929-2015) divenne ministro degli Esteri della Federazione Russa, quando erano in corso i processi che avrebbero portato Polonia e Ungheria a entrare nella NATO nel 1999. Primakov aveva sentito parlare del famoso “non un centimetro verso est”, e chiese al suo staff di cercare nei vecchi archivi sovietici, dove trovò tracce di quello che Baker aveva detto a Gorbaciov nel 1990. Raccolse anche dichiarazioni simili di altri leader occidentali e compilò un memorandum, il cui contenuto conosciamo parzialmente attraverso le memorie che Primakov ha pubblicato nel 2015, poco prima di morire.

Il memorandum preparato da Primakov (che nel 2015 era convinto che le politiche russe avevano contribuito ad alienare i paesi dell’Europa orientale e a portarli ad aderire alla NATO) non fu mai reso pubblico, ma era probabilmente noto agli americani, che reagirono con un contro-memorandum, ora declassificato, inviato a tutte le loro ambasciate europee, dove esponevano una posizione che hanno mantenuto fino ad oggi. Secondo il Dipartimento di Stato, Baker e Gorbaciov avevano discusso solo l’espansione delle truppe NATO verso un particolare est, la Germania Est, e il commento “non un centimetro verso est” si riferiva solo alla Germania.

Il contro-memorandum americano del 1996. Fonte: National Security Archive.
Il contro-memorandum americano del 1996. Fonte: National Security Archive.

I documenti pubblicati nel 2017 mostrano che, mentre questa interpretazione è possibile per il famoso “non un centimetro verso est” di Baker, è difficile applicarla alle dichiarazioni del ministro degli esteri tedesco (occidentale) Hans-Dietrich Genscher (1927-2016) e altri leader europei nelle loro conversazioni con Gorbaciov. Un documento mostra che Genscher disse al ministro degli esteri britannico Douglas Hurd il 6 febbraio 1990, che “i russi devono avere qualche assicurazione che se, per esempio, il governo polacco lasciasse il Patto di Varsavia un certo giorno, non aderirebbe alla NATO il giorno dopo”. È probabile che abbia detto lo stesso a Gorbaciov.

In realtà non c’era bisogno di leggere documenti declassificati, dato che Genscher aveva preso la stessa posizione in discorsi pubblici, così come il segretario generale della NATO, anche lui tedesco, Manfred Wörner (1934-1994). Come ha ricordato Primakov nelle sue memorie, il presidente francese François Mitterrand (1916-1996) si era spinto anche oltre, sia pubblicamente sia nelle conversazioni con Gorbaciov, perché credeva che un giorno in Europa sarebbero scomparsi sia il Patto di Varsavia sia la NATO.

I migliori studi su queste conversazioni, che potrebbero non aver riguardato sempre e solo la Germania, ma che avevano chiaramente al centro le questioni tedesche, sono stati pubblicati da una delle più note storiche della Germania contemporanea, Kristina Spohr della London School of Economics. In disaccordo con l’interpretazione di alcuni documenti da parte dei ricercatori del National Security Archive (chi trova e pubblica un documento non è necessariamente il miglior interprete dello stesso), Spohr scrive che “tanto per essere chiari, i colloqui del febbraio 1990 non hanno mai riguardato l’espansione della NATO nell’Europa dell’Est” e si riferivano esclusivamente alla Germania Est. “Va anche tenuto presente, scrive Spohr, che il Patto di Varsavia era ancora in vigore in quel momento e quindi non c’era alcuna ragione per scambiare idee con l’Unione Sovietica sulle future espansioni della NATO verso est, e nemmeno per essere coinvolti in possibili restrizioni territoriali.” Nel 1990, l’Unione Sovietica e il Patto di Varsavia esistevano ancora. I leader occidentali, in particolare tedeschi, non credevano che sarebbero crollati così presto. Quello che discussero con Gorbaciov aveva come premessa l’esistenza dell’Unione Sovietica e divenne irrilevante una volta che l’Unione Sovietica scomparve.

Genscher (left), Gorbachev (center), and German Chancellor Helmut Kohl (1930–2017) discussing German unification in Russia, July 15, 1990. Source: German Government Press Office.
Genscher (a sinistra), Gorbaciov (al centro) e il cancelliere tedesco Helmut Kohl (1930-2017) discutono dell’unificazione tedesca in Russia, il 15 luglio 1990. Fonte: Ufficio stampa del governo tedesco.

Secondo Spohr, Eltsin ha poi inventato la narrazione di una promessa della NATO non mantenuta di non accettare come membri i Paesi che avevano fatto parte dell’ex Unione Sovietica o dell’ex Patto di Varsavia per i suoi scopi di politica interna. Putin l’ha poi ripresa, e “questa affermazione consapevolmente falsa è diventata un motivo di propaganda centrale dei media statali russi dalla fine degli anni ‘90. Tuttavia, gli archivi in Oriente e in Occidente dimostrano che tali narrazioni di promesse non mantenute non sono vere”.

Questo sarebbe sufficiente, ma c’è un aspetto legale che ad alcuni potrebbe sfuggire. È un principio generale, non solo del diritto internazionale ma del diritto in genere, che un accordo firmato supera tutte le precedenti conversazioni orali. Quando compriamo un’automobile o una casa, qualsiasi cosa ci abbiano raccontato il venditore di auto e l’agente immobiliare è irrilevante se non è inclusa nel contratto che abbiamo firmato. Questo è altrettanto vero per gli accordi internazionali. Qualunque cosa i diplomatici americani o tedeschi o altri possano aver detto a Gorbaciov per indorare la pillola dell’unificazione tedesca è giuridicamente irrilevante se non è stata inclusa nel trattato Due più Quattro. Questo trattato include un accordo di non dispiegare truppe straniere e armi nucleari nell’ex Germania Est, ma non dice nulla sull’adesione di altri Paesi alla NATO, il che sarebbe stato anche contrario al principio generale del diritto internazionale secondo cui gli Stati hanno il diritto di decidere le proprie alleanze. Putin continua a menzionare le “promesse violate del 1990”, ma le uniche promesse legalmente vincolanti, in quanto messe per iscritto nel trattato, riguardavano la Germania Est e non sono state violate.

È anche sorprendente che molti commentatori filorussi che insistono sulle dichiarazioni orali di Baker e Genscher nel 1990 dimenticano completamente che ci sono state promesse molto più importanti che sono state realmente violate. Queste promesse fanno parte non di conversazioni private trascritte in documenti riservati, ma di un accordo internazionale debitamente firmato. E sono state fatte dalla Russia, non dall’Unione Sovietica.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, molte bombe nucleari sono rimaste in Ucraina, rendendo l’arsenale nucleare ucraino il terzo più grande del mondo. Era vero che l’Ucraina aveva le armi ma non i codici necessari per farle funzionare, che rimanevano in mani russe. Tuttavia, gli esperti russi erano consapevoli che l’Ucraina, forse con l’aiuto di altre potenze nucleari, avrebbe potuto decifrare i codici e ottenere l’accesso operativo alle armi. La Russia, quindi, rivoleva indietro le bombe.

Dopo un lungo negoziato, il 19 novembre 1994, la Russia e l’Ucraina hanno firmato il Memorandum di Budapest, sottoscritto anche dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. L’Ucraina accettava di restituire alla Russia le armi nucleari e di rimanere in futuro uno “Stato non dotato di armi nucleari”. In cambio, secondo l’articolo 1, “la Federazione Russa, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e gli Stati Uniti d’America riaffermano il loro impegno verso l’Ucraina… a rispettare l’indipendenza e la sovranità e i confini esistenti dell’Ucraina”.

A differenza delle conversazioni private del 1990, il Memorandum di Budapest fu depositato presso le Nazioni Unite come parte della collezione di trattati internazionali delle Nazioni Unite. Poiché era improbabile che gli Stati Uniti o il Regno Unito avrebbero attaccato l’Ucraina, tutti capirono che il nucleo dell’accordo era l’impegno russo a “rispettare l’indipendenza e la sovranità e i confini esistenti” dell’Ucraina (che includeva la Crimea e il Donbass) contro la consegna delle armi nucleari da parte dell’Ucraina.

Articolo 1 del Memorandum di Budapest. Fonte: Nazioni Unite.
Articolo 1 del Memorandum di Budapest. Fonte: Nazioni Unite.

Ovviamente, la Russia ha violato palesemente l’accordo nel 2014, per non parlare del 2022. Mentre le proteste montavano, nel 2016 il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha twittato che “la Russia non ha mai violato il memorandum di Budapest. Conteneva solo un obbligo, quello di non attaccare l’Ucraina con armi nucleari”. Questo era ovviamente falso, come è facilmente dimostrato da una semplice lettura dell’articolo 1 dell’accordo. Nel marzo 2022, Putin ha sostenuto che l’Ucraina aveva violato l’accordo di Budapest per prima muovendosi verso l’acquisizione di armi nucleari, ma non ha offerto alcuna prova di questa audace affermazione. A sua volta, molti ucraini hanno letto nell’accordo che l’impegno americano e britannico verso l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina avrebbe dovuto portare gli Stati Uniti e il Regno Unito a fornire assistenza militare diretta nel 2022, se non nel 2014.

Lasciando da parte quest’ultimo punto, che la Russia sia nel 2014 sia nel 2022 abbia violato il suo impegno a rispettare l’indipendenza, la sovranità e i “confini esistenti” dell’Ucraina è fuori discussione. Eppure, gli amici della Russia continuano a vedere la pagliuzza di alcune oscure conversazioni private del 1990 nell’occhio dell’Occidente ignorando la trave dell’accordo di Budapest nell’occhio di Putin.

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Massimo Introvigne
Massimo Introvigne

Massimo Introvigne (born June 14, 1955 in Rome) is an Italian sociologist of religions. He is the founder and managing director of the Center for Studies on New Religions (CESNUR), an international network of scholars who study new religious movements. Introvigne is the author of some 70 books and more than 100 articles in the field of sociology of religion. He was the main author of the Enciclopedia delle religioni in Italia (Encyclopedia of Religions in Italy). He is a member of the editorial board for the Interdisciplinary Journal of Research on Religion and of the executive board of University of California Press’ Nova Religio.  From January 5 to December 31, 2011, he has served as the “Representative on combating racism, xenophobia and discrimination, with a special focus on discrimination against Christians and members of other religions” of the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE). From 2012 to 2015 he served as chairperson of the Observatory of Religious Liberty, instituted by the Italian Ministry of Foreign Affairs in order to monitor problems of religious liberty on a worldwide scale.

www.cesnur.org/

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