In una decisione storica riguardante una rifugiata della Chiesa di Dio Onnipotente in Svizzera, il Comitato contro la tortura ha stabilito che il rischio esiste per tutti i cristiani.
di Massimo Introvigne

La peggiore decisione per la Cina mai resa da un organo delle Nazioni Unite è arrivata nel caso di una rifugiata della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO). Il Comitato contro la tortura (CAT), l’organismo delle Nazioni Unite che controlla l’attuazione della Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti da parte dei suoi Stati membri, ha reso il 27 luglio 2021 una decisione su un caso di una devota della CDO che aveva una lunga storia giudiziaria.
La decisione ha assestato un colpo significativo alla Cina, in quanto ha stabilito che i cristiani in generale, non solo i membri dei nuovi movimenti religiosi vietati come xie jiao come la CDO, sono soggetti a una “crescente incidenza di persecuzione”, così che deportare la ricorrente in Cina “la metterebbe a rischio di tortura o di altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.”
Poiché la pubblicazione elettronica delle decisioni del CAT comprende solo i casi fino a dicembre 2019, offriamo ai nostri lettori la possibilità di scaricare una copia della decisione, la cui distribuzione generale è stata autorizzata il 31 agosto 2021.
La storia iniziale del caso è discussa come parte di un articolo che ho pubblicato qualche mese fa con i miei colleghi James T. Richardson e Rosita Šorytė, su centinaia di casi di rifugiati CDO decisi da tribunali di tutto il mondo.
Il 3 febbraio 2016, la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) svizzera ha respinto la domanda d’asilo della fedele della CDO. La storia raccontata dalla ricorrente sulla sua conversione alla CDO non ha convinto la Segreteria. Che sia stata denunciata alla polizia cinese da un parente di una correligionaria e che abbia ripetutamente evitato l’arresto all’ultimo minuto è stato ritenuto ancora più incredibile, anche alla luce del fatto che non ha avuto problemi per ottenere un passaporto.
Il 30 aprile 2016, il Tribunale amministrativo federale svizzero ha ritenuto che il ricorso della ricorrente fosse destinato a fallire e, rilevando anche il mancato pagamento delle spese procedurali anticipate di 900 franchi svizzeri, ha rigettato l’appello.
Il 9 novembre 2016, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha dichiarato inammissibile la sua richiesta di revisione del caso, poiché la fedele della CDO (che aveva cercato di auto-rappresentarsi) si era basata su disposizioni di diritto internazionale sbagliate, citando norme non applicabili al suo caso.
Assistita dal Centre Suisse pour la Défense des Droits des Migrants, la fedele della CDO ha quindi presentato un reclamo al CAT il 1° dicembre 2016. Ha offerto una spiegazione dettagliata di come il marito di una sua correligionaria, ostile alla CDO, avesse condotto la polizia da lei, conoscendola solo con il suo nome religioso, e lei fosse riuscita avventurosamente a fuggire. Poiché presumeva che la polizia la conoscesse solo con il suo pseudonimo o nome religioso, ha detto, era stata in grado (con l’aiuto di terzi) di ottenere un passaporto e fuggire in Svizzera.

Ha presentato al CAT nuove testimonianze di correligionari che erano a conoscenza della sua storia in Cina, e ha anche dimostrato di aver partecipato a un evento sui diritti umani a Ginevra criticando il regime cinese, che ha generato un video disponibile su YouTube e presumibilmente noto alle autorità cinesi.
Ha anche presentato due affidavit, del sottoscritto Massimo Introvigne e del professor James T. Richardson, che confermano che i membri dei gruppi etichettati come xie jiao sono arrestati ai sensi dell’articolo 300 del Codice penale cinese, e sono spesso torturati, più un altro affidavit dello studioso italiano PierLuigi Zoccatelli che spiega come i membri dei gruppi perseguitati in realtà spesso riescono a ottenere passaporti in Cina. Ha anche fatto riferimento a diversi documenti ufficiali sia di ONG che di governi di Paesi democratici che affermano che i cristiani in generale (tranne i membri della Chiesa delle Tre Autonomie controllata dal governo) sono spesso incarcerati e torturati in Cina.
Parenteticamente, menziono qui che il 17 maggio 2018, il CAT aveva respinto un caso in cui un richiedente asilo in Danimarca aveva sostenuto che era a rischio di tortura in Cina in quanto era stato un membro della CDO. Tuttavia, il caso danese era diverso perché riguardava un ex membro della CDO, che aveva dichiarato di aver rinunciato formalmente alla sua affiliazione ala CDO ben prima della decisione della CAT.
Il governo svizzero ha resistito strenuamente alla richiesta. Ha ribadito che il suo rifiuto dell’asilo si basava su contraddizioni nel racconto della richiedente, e che il fatto che facesse parte della CDO non era stato provato, ovvero riposava su prove depositate troppo tardi nella procedura. Ha insistito sul fatto che, se fosse stata davvero identificata come fedele di un gruppo vietato, non avrebbe potuto ottenere un passaporto. Ha avanzato l’argomento procedurale secondo cui il fatto che la CEDU aveva dichiarato inammissibile il suo reclamo impediva al CAT di esaminare il suo caso.
Infine, ha espresso dubbi sul fatto che le autorità cinesi fossero a conoscenza dell’evento ginevrino sui diritti umani cui la ricorrente aveva partecipato, e ha affermato che in ogni caso questo argomento avrebbe dovuto essere utilizzato dalla ricorrente per sottoporre al governo svizzero una nuova richiesta di asilo piuttosto che presentato al CAT.
La Svizzera ha premesso a tutto questo l’incredibile affermazione che “lo Stato svizzero sostiene che non esiste un modello coerente di violazioni importanti, flagranti o di massa dei diritti umani in Cina”. Quando ho letto questa affermazione, citata al numero 6.2 della decisione, ho dovuto fermarmi e rileggerla due volte. Era impossibile non ricordarsi di uno scandalo denunciato nel 2020 dai media svizzeri, i quali avevano rivelato che esperti del Ministero della Pubblica Sicurezza cinese si erano recati in Svizzera in base a un accordo confidenziale, e avevano fornito “consigli” alle autorità di immigrazione sui casi di cinesi presenti sul suolo svizzero.
Non solo l’affermazione che non ci sono grandi violazioni dei diritti umani in Cina è intrinsecamente ridicola, ma contraddice un documento letto dalla Germania il 6 ottobre 2020 alle Nazioni Unite a New York e che denuncia proprio le massicce violazioni dei diritti umani in Cina. Il documento è stato firmato da 39 Paesi, tra cui la Svizzera. Paradossalmente, il documento affermava anche che tutti i Paesi dovrebbero “rispettare il principio di non respingimento”, il che significa che i rifugiati dalla Cina non dovrebbero essere rimandati in un Paese dove saranno detenuti e perseguitati.
Il CAT ha innanzitutto respinto l’argomento procedurale basato sulla dichiarazione di inammissibilità della CEDU, osservando che la CEDU non aveva esaminato la domanda nel merito, ma l’aveva dichiarata inammissibile per motivi tecnici e procedurali. Il CAT ha invece accettato l’argomentazione della Svizzera secondo cui la partecipazione della ricorrente a un evento pubblico critico nei confronti della Cina a Ginevra avrebbe dovuto essere prima presentata alle autorità svizzere come parte di una nuova domanda d’asilo, e non si è basato su questo episodio per la sua decisione, ma ha ritenuto che ci fossero in ogni caso altre ragioni per accogliere il ricorso della fedele della CDO.
Il CAT si è anche schierato con la Svizzera quando quest’ultima ha sostenuto che i documenti che provavano che la richiedente faceva parte della CDO erano stati depositati nella procedura svizzera quando non erano più ammissibili, per cui, anche in questo caso, avrebbero potuto essere introdotti in una nuova domanda d’asilo piuttosto che presentati al CAT. Pur prendendo atto dell’argomento secondo cui la CDO è implacabilmente perseguitata in Cina, il CAT ha deciso di non basare la sua decisione su questioni legate alla CDO, ma sulla questione più ampia se i cristiani (tranne quelli appartenenti a comunità controllate dal governo) siano perseguitati e a rischio di tortura in Cina.
Il CAT ha dichiarato innanzitutto che, contrariamente a quanto affermato dalla Svizzera, esiste una continua violazione dei diritti umani in Cina. Questo, tuttavia, ha osservato il CAT, non sarebbe sufficiente per accogliere il ricorso. Occorre poter concludere che la ricorrente è personalmente a rischio di essere torturata in Cina.
Il CAT ha esaminato le obiezioni della Svizzera, secondo cui la storia della ricorrente è contraddittoria e se fosse stata veramente perseguitata non avrebbe dovuto ottenere il passaporto. Il CAT ha trovato la storia raccontata dalla fedele della CDO sufficientemente coerente e credibile. Sulla questione del passaporto, che è spesso usata per negare l’asilo ai rifugiati provenienti dalla Cina, il CAT ha citato “una delle dichiarazioni di studiosi presentate [quella del professor Zoccatelli], secondo la quale procurarsi un passaporto è possibile se la persona interessata non è mai stata fermata o ha fornito un alias durante un controllo o ha approfittato di un ritardo nella registrazione delle sue impronte digitali.
La dichiarazione [Zoccatelli] sottolinea anche che c’è un alto livello di corruzione tra i funzionari cinesi che facilita l’ottenimento di passaporti, e che i funzionari aeroportuali raramente controllano i nomi e mai le impronte digitali. Il Comitato nota che la denunciante dichiara di essersi avvalsa di uno pseudonimo e di aver ricevuto aiuto da terzi per procurarsi i documenti, il che è coerente con le informazioni di cui sopra”.
Infine, il CAT ha concluso che ci sono prove sufficienti della “crescente incidenza della persecuzione dei cristiani in Cina”, che contro di loro viene talora usata la tortura, e che “è ragionevole supporre che la deportazione della ricorrente in Cina la metterebbe a rischio di tortura o di altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti”. Il CAT ha chiesto alla Svizzera “di astenersi dall’espellere la ricorrente mentre la sua domanda di asilo viene esaminata”.
Speriamo che questa decisione storica stabilisca definitivamente che i membri dei gruppi cristiani “illegali”, compresi (ma non solo) i nuovi movimenti religiosi cristiani come la CDO, sono a rischio di tortura in Cina, e che le autorità di immigrazione e i tribunali dei Paesi democratici ne tengano debitamente conto.