Le attività dei rifugiati che arrivano in Paesi democratici dovrebbero essere considerate tenendo conto che sono fuggiti dalla Cina per motivi religiosi, non economici.
Massimo Introvigne
“Bitter Winter” ha commentato una recente decisione del Tribunale di Roma, che il 14 giugno 2024 ha concesso l’asilo politico a una fedele della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), giudicandola meritevole della “più elevata forma di protezione” in Italia. In questa recente decisione, il tribunale ha dichiarato che le fonti più attendibili concordano sul fatto che il solo fatto di essere membri della CDO espone i fedeli al rischio di essere imprigionati e torturati in Cina. Il tribunale ha inoltre accettato le opere di studiosi, tra cui il sottoscritto, gli articoli di “Bitter Winter” e i rapporti di agenzie federali statunitensi sulla libertà religiosa come fonti attendibili sulla persecuzione della CDO in Cina, respingendo come false le informazioni diffuse dalle ambasciate cinesi, direttamente o tramite compagni di viaggio.
La decisione di Roma è particolarmente dettagliata, ma non è una novità. Nel 2021, insieme a un importante accademico americano specializzato in questioni di diritto e religione, James T. Richardson, e all’ex diplomatica lituana Rosita Šorytė, ho pubblicato su una rivista accademica un lungo articolo che elenca decine di decisioni favorevoli ottenute da rifugiati della CDO in una quindicina di Paesi diversi, respingendo obiezioni consuete. Sempre nel 2021, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura si è pronunciato contro la Svizzera, che aveva negato l’asilo a un fedele della CDO, affermando che i membri della CDO in Cina, o deportati in Cina dopo che le loro richieste di asilo sono state negate all’estero, sono “a rischio di tortura o di altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti”.
Tuttavia, non è sufficiente che i tribunali dei Paesi democratici accettino come dato di fatto che i membri della CDO sono gravemente perseguitati in Cina e rischiano la detenzione o la tortura se vengono deportati nel Paese una volta che sono riusciti a fuggire all’estero. I tribunali, sia civili sia penali, dovrebbero anche capire come vivono questi rifugiati.
C’è una deplorevole tendenza a espandere il concetto di “traffico di esseri umani” oltre i suoi limiti originari, prendendo di mira le organizzazioni religiose che utilizzano volontari non pagati per le loro attività missionarie o caritatevoli. La Cina e i suoi compagni di viaggio hanno colto l’occasione per accusare i fedeli della CDO e altri rifugiati per motivi religiosi in Occidente di essere coinvolti nel “traffico di esseri umani”, “contrabbandando” i correligionari fuori dalla Cina e spostandoli da un Paese all’altro. Come spiegato nell’articolo che ho scritto insieme a Richardson e Šorytė, è normale che i rifugiati lascino un Paese in cui sono perseguitati con modalità extralegali. Dopo tutto, non possono semplicemente rivolgersi alle autorità e chiedere il permesso di recarsi all’estero per sfuggire alle persecuzioni… È anche normale spostarsi da un Paese all’altro per cercare migliori possibilità di ottenere asilo, per non parlare del fatto che la CDO e altri movimenti religiosi cercano di raggiungere il maggior numero possibile di Paesi in cui poter praticare liberamente il proprio culto e predicare il proprio messaggio religioso.
È proprio perché il culto e la predicazione della loro fede sono proibiti in Cina che hanno preso la dolorosa decisione di lasciare il loro Paese (spesso lasciando in patria uno o più membri delle loro famiglie). Questo fa parte delle normali dinamiche dei rifugiati per motivi religiosi e non ha nulla a che fare con il traffico di esseri umani.
È anche possibile che le autorità fiscali e del lavoro, considerando i richiedenti asilo per motivi religiosi come se fossero normali immigrati, non comprendano l’economia dei rifugiati. Raramente hanno le risorse o le competenze per avviare attività commerciali “normali”. I rifugiati della CDO, ad esempio, gestiscono studi cinematografici dove girano filmati che utilizzano per le loro campagne di evangelizzazione, o aziende agricole il cui scopo non è vendere prodotti agricoli, ma fornire cibo ad altri richiedenti asilo. Sebbene i rifugiati della CDO siano normalmente cittadini rispettosi della legge, potrebbero non comprendere esattamente le normative fiscali, del lavoro o della sicurezza in Paesi molto diversi dalla Cina, e trovare avvocati e consulenti competenti richiede tempo. Molti dei rifugiati della CDO parlano solo cinese e la lingua può essere un’altra barriera.
Non sto certo sostenendo che i fedeli della CDO o altri rifugiati cinesi debbano essere esentati dal rispetto delle leggi sull’immigrazione, sulle tasse e sul lavoro. Quello che suggerisco, sulla base dei miei studi sulla CDO e della mia passata esperienza come rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) per la lotta al razzismo, alla xenofobia e alla discriminazione religiosa, è un approccio che comprenda che i richiedenti asilo per motivi religiosi non sono migranti economici. Il modo in cui i devoti della CDO operano dopo essere fuggiti dalla Cina dovrebbe essere compreso considerando che si tratta di un’organizzazione religiosa il cui scopo è la predicazione della loro versione del Vangelo, non di un’impresa commerciale, e che sono fuggiti dal loro Paese non in cerca di migliori opportunità economiche ma perché lì, come hanno detto le Nazioni Unite, sono “a rischio di tortura o di altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti”.