Da simbolo del pericolo e del peccato, le sirene sono diventate maestre di esoterismo e di politica, fino a essere banalizzate da Disney e Starbucks.
di Massimo Introvigne*
*Conferenza del 9 febbraio 2023 alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini di Collesalvetti per la serie “La Livorno di d’Annunzio e l’Europa di Baudelaire”, organizzata dalla Fondazione Livorno, la Fondazione Livorno Arte e Cultura, e il Comune di Collesalvetti, creata e curata da Francesca Cagianelli, in occasione della mostra “La Beata Riva. Gino Romiti e lo spiritualismo a Livorno. Protagonisti e Cenacoli tra la Scuola di Guglielmo Micheli, il Caffè Bardi e Bottega d’Arte”.
Grazie alla curatrice Francesca Cagianelli, la parte esposta a Collesalvetti della mostra “La Beata Riva” (un’altra parte è esposta a Livorno) ci presenta alcune delle più straordinarie sirene della pittura simbolista e spiritualista italiana, da Gino Romiti a Francesco Nonni, in dialogo con un più vasto ambiente europeo, come dimostra la presenza nell’esposizione di Jean de Bosschère.
Non rimane molto da dire sulle sirene simboliste, ma vorrei proporre un paragone con “La sirena col serpente” di Armand Point, un pastello su tela del 1901. Qui siamo al cuore della coppia “purezza-pericolo” che sarà evocata molto più tardi (1966) dall’antropologa Mary Douglas. La sirena è pericolosa perché il suo abbraccio può condurre negli abissi e uccidere ma incarna anche il sogno di una purezza seduttrice e perduta cui l’uomo della Belle Époque, qualunque rischio possa correre, non vuole più rinunciare.
La sirena di Armand Point è in effetti una donna pericolosa, Helga Weeke, cantante danese, vedova del poeta norvegese Sigbjørn Ostfelder e appassionata di esoterismo. Considerata una delle donne più belle del secolo, i suoi occhi blu hanno fatto impazzire più di un’artista. Point la sposa, ma Helga lo lascia dopo otto anni di matrimonio e finirà per morire in manicomio a 53 anni.
La storia di Helga Weeke e Armand Point evoca anche il binomio sirena/bellezza assoluta e sconvolgente. Nello stile e perfino nelle acconciature Helga s’ispirava a quella che per la generazione precedente dei Preraffaelliti era stata “la donna più bella del mondo”, Jane Morris. E Point fa un riferimento esplicito, con il serpente (che forse non è un serpente, ma un animale mitologico) al collo di Helga raffigurata come sirena, a un’altra candidata al titolo di donna più avvenente di sempre, Simonetta Vespucci, la Venere di Botticelli, e al suo famoso ritratto attribuito a Piero di Cosimo (dove il serpente potrebbe essere l’aspide che uccise Cleopatra).
Lasciando il simbolismo, vi propongo sei storie di sirene. La prima è relativa a una confusione. In inglese la parola italiana “sirena” può essere tradotta sia come “siren” sia come “mermaid”. Guardate due rappresentazioni della nave di Ulisse che rischia il naufragio attirata dal letale canto delle sirene, una greca e una vittoriana di Herbert James Draper. Notate subito che le “sirene” di Ulisse all’origine non sono affatto “donne pesce” ma “donne uccello”, mentre a partire dal Medioevo la sirena-siren si fonde con la sirena-mermaid, che viene dalla mitologia nordica ed è in effetti una donna pesce.
La mia seconda storia è sulla sirena sottomessa. In un buon numero di chiese romaniche le sirene sorreggono i battisteri o le acquasantiere. Questo non significa che la Chiesa Cattolica ami le sirene; è il contrario. Un po’ come il diavolo che sorregge l’acquasantiera nella famosa “chiesa dei misteri” di Rennes-le-Château, che ha fatto pensare a torto a Dan Brown a chissà quale allusione al satanismo, le sirene per il Medioevo cristiano sono creature demoniache, donne lussuriose e animalesche che seducono e uccidono, e che la Chiesa ha sottomesso, “messo sotto” ai luoghi del battesimo e dell’acqua santa come ha fatto con i diavoli.
I Preraffaelliti pensavano che le sirene sottomesse fossero tipiche delle chiese di campagna medievali inglesi, ma in realtà se ne trovano anche in Italia, per esempio nell’acquasantiera del battistero di Cremona. E così nelle acquasantiere delle pievi di San Giorgio a Ganaceto (Modena) e di Santa Maria Assunta a Rubbiano (Parma), che alcuni storici dell’arte attribuiscono addirittura a uno dei più grandi scultori del Medioevo italiano, Wiligelmo.
Tuttavia, le sirene non se ne stanno semplicemente sottomesse, ed ecco la terza storia: la sirena politica. Quando il Medioevo volge alla fine, e la magia e l’esoterismo diventano mode per le classi colte, la sirena è riscoperta come simbolo dell’unione profonda fra gli umani e la natura, e anche fra l’acqua e l’erotismo. Alcune famiglie nobili inseriscono le sirene nei loro miti di fondazione, il più noto dei quali riguarda il grande casato francese dei Lusignano.
L’antenata dei Lusignano, Melusina, nelle versioni che si susseguono della storia è di volta in volta una fata, una mutaforma, un drago, una sirena nel senso di donna-uccello, e alla fine una sirena come donna-pesce. Raimondino, il fondatore della casata, la trova che nuota nella Fontana Incantata. Melusina lo sposa ma a una condizione: il marito non dovrà mai guardarla il sabato, quando fa il bagno. È il giorno in cui Melusina rivela la sua coda di sirena. Raimondino rompe il voto dopo sette anni e Melusina scompare, ma intanto gli ha generato dieci figli che renderanno la discendenza dei Lusignano numerosa e potente.
Melusina al bagno non ha mai smesso di affascinare gli artisti, dalle miniature medievali a pittori romantici come Julius Hübner e all’Art Nouveau di Heinrich Vogeler.
Ma tornando alla politica e al casato dei Lusignano si tratta di mitologie che hanno perso interesse oggi? Non dovunque, come mostra la quarta storia, la sirena africana. Nella sua tesi di dottorato del 2011, l’etnologo francese Thomas Mouzard descrive il funerale, pubblico e politico, di una sirena avvenuto nel Sud del Madagascar nel 2001-2002. La premessa è la pretesa delle case reali e di interi gruppi etnici in Madagascar di discendere da sirene. Si potrebbe dire che le stesse mitologie si ritrovano in culture diverse se non fosse che dalla conquista francese alla fine dell’Ottocento un folklore locale preesistente ha assorbito elementi europei nella rappresentazione delle sirene.
Nel gennaio 2002 all’improvviso nel bazar di Toliara, nel sud-ovest del Madagascar, si diffonde la voce che dei pescatori nella vicina Port-Dauphin hanno catturato qualche settimana prima una sirena e l’hanno portata agli anziani del villaggio che, spazientiti dal fatto che continuava a bere il loro rum, l’hanno uccisa. Prima di morire, ha chiesto di essere seppellita ad Ankilibe, dove vivono i suoi discendenti. Mouzard osserva che la maggior parte dei malgasci più anziani crede comunque che le sirene esistano, ma in questo caso ci sono anche delle ossa deposte in una cassa funebre e trasportate da un villaggio all’altro, che stanno per arrivare a Toliara.
Tra Toliara e Ankilibe ci sono tredici chilometri ma si forma un corteo funebre che prende una via più lunga, perché tutti i villaggi vogliono rendere omaggio alla sirena e deporre nella bara, dopo una notte di preghiere e dopo che molti si sono messi in fila per toccarla, un verbale firmato dalle autorità politiche e militari locali e offerte in denaro. Mouzard nota la partecipazione unanime dei villaggi a questi rituali, comprese le suore cattoliche che vi risiedono.
Quando arriva anche la televisione e il funerale della sirena diventa un evento nazionale il regime autoritario al potere, sospettoso di ogni movimento che non controlla, manda i soldati – guidati da un colonnello che esorta la folla a “pregare solo Gesù Cristo” – a sequestrare la bara della sirena (e il denaro che contiene, ormai una somma considerevole), insieme a una commissione di quattro docenti universitari che fanno aprire il feretro.
I docenti dichiarano che il corpo è quello di un lemure chiamato chiromio (in lingua locale aye-aye) e lo fanno esporre nel Museo Etnologico Regionale con i verbali del passaggio nei villaggi (ma non il denaro, “confiscato” o sparito). I locali, pur arrabbiati per la sparizione delle offerte che dovevano servire a costruire un mausoleo, non sono troppo impressionati. Osservano che l’aye-aye è un animale sacro e raro, che ben può trasformarsi in sirena, e ancora parecchi anni dopo vanno a pregare la “sirena” al museo. Ma il potere politico è riuscito ad esorcizzare ogni suo possibile significato sovversivo; resta solo quello religioso.
Il mese scorso sono stato in Sudafrica e ho scoperto una storia in qualche modo parallela. Khotso Sethuntsa, il più famoso specialista di piante medicinali e pozioni magiche sudafricano del XX secolo e, prima di morire nel 1972, una forza con cui la politica sudafricana doveva fare i conti, sosteneva che i suoi poteri magici derivavano dal suo matrimonio mistico con una sirena, che viveva in uno stagno vicino alla sua prima residenza di Kokstad. Questi matrimoni non sono rari nella tradizione esoterica dell’Africa meridionale. Conferiscono all’uomo che li contrae enormi poteri, ma hanno un prezzo: la sirena chiede al marito di rinunciare a qualsiasi amore umano e può uccidere i suoi cari se non rispetta la sua ingiunzione. Purezza e pericolo, ancora una volta.
In tutt’altro ambiente, è proprio il potenziale sovversivo della sirena che interessa, e ci conduce alla quinta storia, la sirena surrealista. Nel 1941 i surrealisti, che hanno dovuto scappare da Parigi occupata dai nazisti, sono ospitati in una palazzina a Marsiglia in attesa di partire per l’America. Qui, ricordandosi che la città è famosa per gli antichi “tarocchi di Marsiglia” decidono di produrre un mazzo di tarocchi surrealista – e non si dimenticano delle sirene.
Il mazzo dei tarocchi surrealista di Marsiglia comprende quattro sirene. André Masson disegna la “sirena dell’amore”, la “religiosa portoghese”, che ha un significato sovversivo e anticattolico. Allude alle “Lettere portoghesi”, un testo apocrifo ma di grande successo pubblicato nel 1669 che afferma di raccogliere cinque lettere di una suora francescana portoghese al suo amante, un marchese francese.
Il surrealista romeno Jacques Hérold (Herold Blumer) disegna la “sirena della rivoluzione”, Lamiel, eroina di un romanzo iniziato ma non terminato da Stendhal e pubblicato dopo la sua morte nel 1889. Lamiel è una donna libera che vuole sperimentare tutte le forme di piacere sessuale, e in questo senso per i surrealisti incarna una “rivoluzione” che è anche la loro. In realtà, sembra che Stendhal, se avesse finito il romanzo, avrebbe fatto incontrare a Lamiel quello che nella parte pubblicata cerca senza trovarlo, il vero amore.
La “sirena del sogno” dipinta dal surrealista cubano Wilfredo Lam è l’Alice di “Alice nel paese delle meraviglie”. I surrealisti sanno bene che non è solo un libro per bambini ma un testo denso di allusioni esoteriche alle società segrete attive in Inghilterra nell’Ottocento.
Per i surrealisti – e per l’influenza sul surrealismo successivo – la sirena più importante è quella di Victor Brauner, la “sirena della conoscenza”. È la sola che rappresenta un personaggio non di fantasia: Hélène Smith, o meglio, Catherine-Elise Müller, una paziente dello psichiatra ginevrino Théodore Flournoy. Lo psichiatra aveva pubblicato nel 1900 un libro molto importante per la storia dell’esoterismo, “Dalle Indie al Pianeta Marte”, che contiene le rivelazioni ricevute da Hélène in stato di trance.
Ma che cosa può rappresentare la “sirena” Hélène Smith per i surrealisti? Breton si è interessato all’esoterismo fin dalla fondazione del surrealismo negli anni 1920, ma è fondamentalmente un materialista che non crede all’esistenza del soprannaturale o degli spiriti. Tuttavia, a mano a mano che il surrealismo si sviluppa e progredisce, questa idea un po’ dogmatica di Breton – “sì” all’esoterismo come linguaggio simbolico e metaforico, ma “no” al soprannaturale – è rimessa in discussione, e alcuni surrealisti al soprannaturale cominciano a credere per davvero.
Siamo ormai arrivati all’ultima storia, la numero sei. La sirena “cattiva” dell’agguato a Ulisse e delle chiese romaniche è diventata la sirena ambigua dei casati in cerca di antenati mitologici e dei nostri simbolisti, poi la sirena come simbolo della conoscenza esoterica dei misteri che legano l’uomo alla natura degli esoteristi moderni e dei surrealisti. Quello che rimaneva di cupo e ambiguo nella sirenetta di Andersen – una storia che non finisce affatto bene: il principe sposa un’altra e anziché umana la sirena diventa invisibile – è esorcizzato dall’apocrifa versione a lieto fine della Disney.
E alla fine arriva Starbucks. Dopo che i creatori del futuro colosso mondiale del caffè hanno scelto un nome marinaresco (Starbucks è il primo ufficiale sulla nave Pequod del romanzo “Moby Dick”) i pubblicitari creano un logo con una sirena, che sarà più volte modificato. Ma quella che è oggi la più famosa sirena del mondo nel logo rimane, e attesta che le sirene – per tornare alla duplicità studiata da Mary Douglas fra purezza e pericolo – si sono finalmente liberate del tutto dal pericolo. È rimasta solo la purezza, anche se ormai è quella dei grani di caffè.