14.000 è il numero delle vittime totali della guerra nel Donbass tra il 2014 e il 2021, uccise da entrambe le parti. 10.900 di loro erano soldati.
di Massimo Introvigne

Ci sono diversi miti usati dalla Russia e dai suoi compagni di viaggio per giustificare l’invasione dell’Ucraina. Uno è che un “genocidio” era in corso nel Donbass, dove gli ucraini avrebbero ucciso “14.000” separatisti filorussi e civili dal 2014.
Questo è solo un altro mito, come altri che abbiamo sfatato in una precedente serie di Bitter Winter. Molti che ripetono questa storia hanno solo una vaga idea di che cosa e dove sia il Donbass. “Donbass” (o “Donbas”) non è una suddivisione amministrativa ma una nozione culturale e storica. Il nome è stato coniato nel XIX secolo come acronimo di “DONetsk BASin” (Bacino del [fiume] Donetsk), una zona nell’est dell’Ucraina nota per le sue miniere di carbone. Il boom del carbone nello stesso XIX secolo portò all’immigrazione di migliaia di lavoratori di lingua russa dall’attuale Russia in quella che originariamente era un’area prevalentemente di lingua ucraina.
Con l’Unione Sovietica, una porzione del Donbass storico fu dichiarata parte della Russia, mentre la maggior parte del Donbass formò i due oblast (regioni) di Donetsk e Lugansk nella repubblica sovietica dell’Ucraina. Generalmente, oggi, l’espressione “Donbass” indica i due oblast ucraini di Donetsk e Lugansk.
Durante la Seconda guerra mondiale, il Donbass fu testimone di alcune delle più sanguinose battaglie tra l’Unione Sovietica e la Germania nazista, che lasciarono la zona spopolata. A causa della sua sostanziale minoranza russa, risultato dell’immigrazione del XIX secolo, Stalin vedeva la presenza del Donbass all’interno dell’Ucraina come un elemento positivo, che avrebbe bilanciato l’aspirazione indipendentista prevalente nell’Ucraina occidentale. Cercò di rafforzare questa posizione con una nuova ondata di lavoratori immigrati inviati dalla Russia a stabilirsi nel Donbass, e – come ha dimostrato Lenore Ann Grenoble nel suo libro “Language Policy in the Former Soviet Union” (Kluwer, Dordrecht 2003) – limitando notevolmente l’uso della lingua ucraina nei due oblast di Donetsk e Lugansk, dove la maggior parte delle scuole usava esclusivamente il russo. Come risultato di queste politiche, l’ultimo censimento sovietico del 1989 riportava la popolazione dei due oblast come 55% ucraina e 45% russa.
Dopo l’indipendenza dell’Ucraina, si levarono quasi immediatamente voci russe che sostenevano che il Donbass (così come la Crimea) era in realtà parte della Russia. La questione divenne parte dei negoziati che portarono al Memorandum di Budapest del 1994, un trattato che risolse la questione della grande quantità di armi nucleari sovietiche rimaste in Ucraina dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Con quel trattato, l’Ucraina accettò di consegnare queste armi nucleari alla Russia (come poi fece), e la Russia accettò di rispettare “l’indipendenza e la sovranità e i confini esistenti dell’Ucraina”, abbandonando così le sue pretese sul Donbass (e la Crimea).

Nel 2014, tuttavia, dopo la cacciata del presidente filorusso Yanukovych, che la propaganda russa ha dipinto (falsamente, come ho mostrato in un precedente articolo di Bitter Winter) come un colpo di stato organizzato dall’Occidente per promuovere interessi anti-russi, l’invasione di Putin ha annesso la Crimea, e soldati russi senza uniformi sono entrati nel Donbass per sostenere una rivolta separatista filorussa. Questa è stata una chiara violazione del Memorandum di Budapest del 2014, che non subordinava il rispetto dei confini dell’Ucraina da parte della Russia al tipo di governo, filorusso o meno, o anche democratico o non democratico, che l’Ucraina avrebbe avuto in futuro.
A differenza della Crimea, le truppe ucraine e le milizie antirusse sono riuscite a organizzare una resistenza efficace nel Donbass, che ha portato all’intervento delle forze russe, questa volta in uniforme, e a un cessate il fuoco firmato a Minsk (“Minsk I”) il 5 settembre 2014. Minsk I ha lasciato ai separatisti filorussi circa un terzo del territorio dei due oblast, dove le due repubbliche pseudo-indipendenti di Donetsk e Lugansk erano state nel frattempo create con il sostegno russo. Gli altri due terzi dei due oblast sono rimasti sotto il controllo ucraino.
Il 12 febbraio 2015, è stato firmato un secondo accordo di Minsk (“Minsk II”), dove la Russia ha accettato che i territori delle pseudo-repubbliche di Donetsk e Lugansk tornassero all’Ucraina, che a sua volta avrebbe dovuto concedere un’ampia autonomia ai due oblast di Donetsk e Lugansk nel loro complesso, proteggendo e favorendo in quei territori l’uso della lingua russa.
L’accordo di Minsk II non è mai stato attuato. Il territorio delle pseudo-repubbliche non è mai stato restituito all’Ucraina, poiché i loro leader sostenevano di non poter ignorare i referendum che avevano organizzato nel maggio 2014, dove la maggioranza aveva votato per l’indipendenza. L’Ucraina ha risposto che pochi potevano prendere sul serio referendum tenuti in una situazione di occupazione militare, e in ogni caso i referendum non possono essere una soluzione, anche perché secondo dati delle Nazioni Unite almeno il 30% dell’intera popolazione delle due pseudo-repubbliche era stata espulsa o era fuggita in Ucraina, e non poteva dunque votare in nessun referendum. D’altra parte, l’Ucraina non ha mai attuato le misure di autonomia e di promozione della lingua russa nelle zone del Donbass rimaste sotto il suo controllo.
Da questo non deriva che gli abitanti dei due oblast, se fosse loro concessa una scelta, vorrebbero separarsi dall’Ucraina e unirsi alla Russia. Gli ucraini che vivono in quei due terzi del Donbass controllato dall’Ucraina fino al 2022 non hanno mai manifestato queste intenzioni, né sono fuggiti in massa verso le pseudo-repubbliche e la Russia. È vero il contrario: 1,6 milioni di ucraini sono fuggiti dalle pseudo-repubbliche verso l’Ucraina, e dove avanzano o potrebbero avanzare le truppe russe nel Donbass nel 2022 altre centinaia di migliaia di ucraini, molti dei quali sono russofoni, scappano e si rifugiano nella zona occidentale dell’Ucraina o nei Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa.
Periodicamente, sia le truppe e le milizie ucraine sia quelle filorusse hanno cercato di espandere la zona sotto il loro controllo del territorio del Donbass, portando a più di sette anni di quella che è stata chiamata una guerra a bassa intensità, che è diventata ad alta intensità nel 2022.

Quanti sono morti in questa guerra? Sembra ragionevole scartare le diverse cifre offerte sia dall’Ucraina sia dalla Russia, che hanno entrambe i loro interessi propagandistici. Fortunatamente, la situazione nel Donbass è monitorata anche dalle Nazioni Unite. Il 27 gennaio 2022, l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha pubblicato la sua più recente stima delle vittime del conflitto del Donbass dal 2014 al 31 dicembre 2021. La famosa cifra di 14.000 vittime, spesso citata dai commenti filorussi, proviene da questo documento. Per la precisione, la stima delle Nazioni Unite è tra 14.200 e 14.400 morti.
In nessun modo queste vittime sono state tutte “uccise dagli ucraini”. Secondo l’ONU, 10.900 vittime erano soldati, di cui 4.400 ucraini e 6.500 combattenti filorussi che si battevano per le pseudo-repubbliche separatiste. Le vittime civili sono state tra 3.400 e 3.500. Queste ultime non erano a loro volta tutte vittime degli attacchi o di droni e razzi lanciati dall’Ucraina contro le pseudo-repubbliche. In effetti, una parte è morta nelle parti degli oblast di Lugansk e Donetsk rimaste sotto il controllo ucraino durante gli attacchi dei separatisti.
Il rapporto delle Nazioni Unite nota anche che l’8,8% di tutte le vittime civili proviene da un singolo episodio, che è avvenuto il 17 luglio 2014, quando il volo MH17 della Malaysian Airlines da Amsterdam a Kuala Lumpur è stato colpito da un missile, e tutti i 298 che erano a bordo (283 passeggeri e 15 membri dell’equipaggio) sono morti. Mentre la propaganda russa e filorussa ha cercato di diffondere diverse teorie complottiste sull’incidente, due indagini olandesi hanno concluso che l’aereo è stato colpito da un missile terra-aria fornito dalla Russia alla Repubblica Popolare di Donetsk e lanciato dalle milizie di quest’ultima.

In conclusione, non c’è stato alcun “genocidio” della popolazione del Donbass da parte dell’esercito ucraino. C’è stata una guerra, combattuta dalla Russia in violazione non solo dell’integrità territoriale di uno Stato sovrano ma anche del trattato che ha firmato a Budapest nel 1994. Come in tutte le guerre, ci sono state vittime da entrambe le parti. Purtroppo, sono morti anche civili. Sono stati uccisi da entrambe le parti. Affermare che tutte le 14.000 vittime della guerra nel Donbass sono state “uccise dagli ucraini” è solo rozza propaganda. Sfortunatamente, alcuni in Occidente ci credono e la diffondono acriticamente.