Che l’articolo 300 punisca solo i “leader” o i membri della CDO che commettono crimini è falso. Essere attivi nella CDO a qualsiasi titolo è sufficiente per finire in prigione.
Di Massimo Introvigne, James T. Richardson e Rosita Šorytė
Articolo 3 di 9. Leggi l’articolo 1 e l’articolo 2.

Gli argomenti che abbiamo elencato nella tabella inclusa nell’articolo precedente ai numeri 2 e 3 formano una sequenza logica e riguardano la questione degli xie jiao. Le decisioni che concedono l’asilo riconoscono che, una volta che un cittadino cinese è riconosciuto come attivo a qualsiasi titolo in un movimento vietato come xie jiao, è arrestato, condannato e detenuto per diversi anni. Non solo i leader, ma anche i membri comuni di uno xie jiao finiscono in carcere.
Un certo numero di decisioni negative non riconosce che le cose stanno così, insistendo, ancora una volta, sul fatto che queste informazioni sono smentite da quelle fornite dalle ambasciate cinesi, e provengono solo da documenti governativi influenzati dalle campagne anticinesi degli Stati Uniti, o da studiosi che possono essere sospettati di essere ostili alla Cina.
Nel 2019, dopo che una dichiarazione giurata di uno degli autori (Richardson) è stata criticata in un caso sudcoreano sulla base di informazioni ricevute dall’ambasciata cinese locale, abbiamo risposto a queste obiezioni pubblicando un voluminoso studio sia delle circolari emanate dalla Corte Suprema del Popolo e dalla Procura Suprema del Popolo che interpretano l’articolo 300 del Codice penale cinese affermando che è di per sé un reato l’essere attivi in uno xie jiao, sia delle sentenze pronunciate negli anni 2018 e 2019 contro duecento membri della CDO e pubblicate nella banca dati China Judgments Online, gestita dalla Corte Suprema del Popolo (che oggi purtroppo non è più accessibile al pubblico e ha escluso le decisioni sensibili che trattano questioni religiose). Per questo studio non abbiamo utilizzato documenti legali o decisioni che ci sono state fornite dagli avvocati della CDO o dalla CDO stessa. Ci siamo basati solo su documenti pubblicati dalle autorità cinesi in banche dati ufficiali.
Il nostro studio ha dimostrato in modo definitivo che le ambasciate cinesi hanno ragione quando affermano che i membri della CDO sono condannati non solo per aver creduto nella teologia della CDO, uno stato d’animo difficile da accertare, ma per aver “intrapreso attività criminali”. Solo che, secondo l’interpretazione ufficiale dell’articolo 300, partecipare alle riunioni di culto di uno xie jiao, condividerne la fede con colleghi o parenti e persino tenere in casa una certa quantità di libri e video di un movimento vietato sono “attività criminali” che comportano pene detentive severe. Ovviamente, queste attività non sono “criminali” nei Paesi democratici e sono protette dalle convenzioni internazionali come tipiche espressioni di libertà religiosa. Dopo la pubblicazione di questo e di altri articoli, Zhang Xinzhang, professore presso la Scuola di Marxismo dell’Università di Zhejiang, ha fatto visita a uno di noi (Introvigne) in Italia e ha iniziato una corrispondenza volta a chiarire come l’articolo 300 sia effettivamente e, secondo lui, debba essere applicato in Cina. Nel 2020, Zhang ha pubblicato un articolo in inglese che prosegue questo dialogo, molto rilevante per questo tema.

Il fatto che un importante studioso cinese abbia scelto di aprire un dialogo sulla controversa nozione di xie jiao è stato di per sé uno sviluppo gradito. E, su diversi punti, il suo testo concorda con la nostra analisi.
In primo luogo, Zhang afferma che è un errore, spesso commesso dalle stesse autorità cinesi quando pubblicano traduzioni in inglese dei loro testi, tradurre “xie jiao” come “sette” o “sette malvagie”. A suo avviso, queste traduzioni sono fuorvianti, poiché gli xie jiao sono diversi da quelle che in Occidente sono comunemente intese come “sette”. Egli raccomanda di non tradurre “xie jiao” e di limitarsi a traslitterarlo, come si fa normalmente per “qigong” o “kung fu”. Siamo d’accordo e abbiamo sempre seguito questa pratica.
In secondo luogo, Zhang ammette che, secondo l’attuale interpretazione dell’articolo 300 prevalente in Cina, “standard religiosi” sono spesso utilizzati dalle autorità per valutare i gruppi religiosi, che sono perseguiti per le loro “eresie” piuttosto che per le loro malefatte. La conseguenza è che le autorità laiche (e ufficialmente atee) di fatto aiutano “le religioni ortodosse a combattere l’eresia”.
In terzo luogo, Zhang scrive che si possono trovare testi in cui si raccomanda di perseguire i leader che “usano” gli xie jiao per scopi illegali e criminali, lasciando in pace i membri comuni, considerati come semplici “vittime”, ma “è difficile stabilire degli standard”. Zhang cita studiosi occidentali, tra cui il sottoscritto, che hanno dimostrato che, in pratica, ci sono molti casi in cui fedeli comuni sono condannati ai sensi dell’articolo 300. Questo è un punto cruciale per i casi di rifugiati. Zhang afferma che, mentre dal suo punto di vista sarebbe auspicabile che solo i leader fossero puniti, quello che accade attualmente nella pratica è che “i membri ‘normali’ [cioè non i ‘leader’] ricevono condanne pesanti”.
Zhang sostiene che l’espressione “xie jiao” in cinese trasmette “il senso più profondo della struttura che sta dietro all’organizzazione religiosa illegale”. Si tratta di “strutture illegali che usano i gruppi religiosi per commettere reati”. Se capiamo bene, Zhang sostiene che non è un intero movimento religioso a essere uno xie jiao. Piuttosto, uno xie jiao è una struttura illegale che, nei termini letterali dell’articolo 300, “usa” un movimento religioso per i propri scopi criminali. Uno xie jiao è quindi, secondo Zhang, un gruppo all’interno di un gruppo.
Zhang sostiene che l’uso nei documenti interpretativi ufficiali dell’articolo 300 di una terminologia sia religiosa (“eresie superstiziose”) sia politica (“organizzazione illegale”) ha una coerenza interna ed “è intenzionale, poiché l’uso combinato di queste due serie di etichette offre un modo completo e accurato di definire lo xie jiao nel contesto cinese: l’eresia senza una natura politica non è uno xie jiao nel senso cinese del termine, e l’organizzazione politica segreta senza un colore religioso non è a sua volta uno xie jiao”. Secondo Zhang, le “eresie superstiziose” non utilizzate con uno scopo politico illegale non creano uno xie jiao. Per converso, una “organizzazione politica segreta” non è uno xie jiao se non opera attraverso “eresie superstiziose”.
Ma come facciamo a sapere che cosa è “eretico” e “superstizioso” senza adottare concetti teologici? I cattolici credono che i miracoli avvengano ancora oggi e che il miracolo più grande di tutti, la trasformazione del pane e del vino durante la Messa nel corpo e nel sangue reali (e non solo simbolici, come sostengono altri cristiani) di un uomo morto duemila anni fa, si ripeta quotidianamente in migliaia di chiese in tutto il mondo. Perché esattamente questa credenza non è “superstiziosa”, mentre credere che i miracoli avvengano in alcuni nuovi movimenti religiosi è una “superstizione”? Un segno rivelatore degli xie jiao, ci dicono i regolamenti cinesi, è che “divinizzano” i loro fondatori e leader. Il cristianesimo, ovviamente, ha divinizzato il suo fondatore e in molte religioni esistono “divinità viventi”.

Crediamo che un punto da considerare, non discusso nell’articolo di Zhang, sia che il PCC non ha inventato la nozione di xie jiao, ma l’ha ereditata dalla Cina imperiale e repubblicana. Quest’ultima ha definito la categoria di “superstizione” sulla base di presupposti filosofici, mentre la prima ha utilizzato la categoria di xie jiao fin dal Medioevo, trasformandola in un concetto giuridico alla fine dell’epoca Ming, sulla base di presupposti sia teologici sia politici, come evidenziato da Wu Junqing. Gli studi di Wu sono importanti per mostrare come nozioni quali “divinizzazione del leader”, “superstizione” ed “eresia” abbiano una storia secolare in Cina e carichino il discorso contemporaneo di un pesante bagaglio culturale.
L’idea di Zhang di un “gruppo nel gruppo” è interessante. Può essere facilmente utilizzata dagli studiosi per quanto riguarda le religioni maggioritarie. Per esempio, le indagini della polizia in Irlanda hanno dimostrato che gruppi organizzati di preti cattolici pedofili (diversi da singoli preti pedofili isolati) hanno operato per anni nel Paese. In termini cinesi, questi gruppi sarebbero xie jiao che “usano” per i loro scopi malvagi la Chiesa cattolica, che non è uno xie jiao. Oppure Al-Qaeda è un’organizzazione terroristica che “usa” l’Islam il quale, considerato globalmente, non è uno xie jiao.
È più difficile applicare questo schema binario alle religioni minori. Come applicare il concetto di Zhang di “gruppo nel gruppo” ai due principali movimenti perseguitati come xie jiao in Cina (identificati come tali dallo stesso Zhang nell’articolo), la CDO e il Falun Gong? Chi dovrebbe, o non dovrebbe, essere considerato a buon diritto parte degli xie jiao da un giudice cinese che applichi l’articolo 300 non come si fa ora ma come propone Zhang? Sembrerebbe che solo alcuni leader che “usano” i movimenti per i loro scopi politici dovrebbero essere dichiarati parte dello xie jiao e condannati. Tuttavia, Zhang è a conoscenza del nostro studio del 2019 e del fatto che non mancano decisioni in cui membri della CDO che hanno semplicemente partecipato a una riunione di culto o condiviso la loro fede con parenti e amici sono stati mandati in prigione per parecchi anni. Egli osserva che in molti casi coloro che hanno convertito altri alla CDO sono stati considerati “leader”.
In questo caso, però, si potrebbe concludere che coloro che cercano di condurre altri al movimento sono, letteralmente, dei leader e fanno parte dello xie jiao, mentre coloro che si limitano a leggere la letteratura del gruppo, ad ascoltare i sermoni o a contribuire con offerte in denaro rimangono al di fuori dello xie jiao. Il problema, tuttavia, è che questa seconda categoria di devoti è quasi inesistente nei nuovi movimenti religiosi contemporanei, dove, per riprendere uno slogan spesso usato dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, “ogni membro è un missionario”. Se essere un “missionario”, cioè cercare di convertire altri, è sufficiente per essere considerati parte dello xie jiao, allora lo slogan si tradurrebbe nel caso della CDO in “ogni membro della CDO è parte dello xie jiao”.
In realtà, sospettiamo che il punto di disaccordo con Zhang sia che la maggior parte degli studiosi occidentali e degli attivisti per i diritti umani non considerano un crimine la promozione di un movimento la cui teologia alcuni possono considerare “eretica” o “superstiziosa”. Di fronte all’argomentazione secondo cui il vero crimine degli xie jiao è quello di operare in segreto, direbbero che questo fa parte di un circolo vizioso creato dalle autorità con la loro repressione. A suo merito, Zhang riconosce che il modo in cui la Cina tratta le organizzazioni religiose vietate “è molto diverso dall’idea della maggior parte dei Paesi al di fuori della Cina, che non combattono contro le organizzazioni ma solo contro coloro che nelle organizzazioni commettono crimini”.

Zhang conclude che “gli xie jiao non comprendono solo le organizzazioni stesse e i loro membri, ma anche alcuni contributi meravigliosi, positivi e profondi alla cultura religiosa, nonché alcuni fattori e forme organizzative che potrebbero contribuire ad arricchire la cultura sociale e lo scambio culturale internazionale. In questo senso, vale la pena approfondire l’indagine per evitare di ‘buttare via il bambino con l’acqua sporca’, cioè conservare i contributi positivi di queste organizzazioni liberandole dagli elementi nefasti. Questo può comportare la trasformazione e la legittimazione di tali organizzazioni, in modo che possano fungere da forze benefiche”.
Il riconoscimento da parte di Zhang che i gruppi etichettati come xie jiao possono anche offrire “contributi meravigliosi, positivi e profondi alla cultura religiosa”, proveniente dall’interno della Cina e dalla Scuola di Marxismo di una delle principali università del Paese, è significativo. Tuttavia, per quanto riguarda i casi di rifugiati, l’articolo di Zhang conferma che la nozione di xie jiao, così come è attualmente interpretata dai tribunali cinesi, porta al risultato che “i membri ‘normali’ ricevono condanne pesanti”, basate sulla loro appartenenza a un movimento “eretico” piuttosto che su qualsiasi reato comune che possano aver commesso. Anche nell’interpretazione più moderata sostenuta da Zhang, nel caso della CDO quasi tutti i membri attivi sarebbero considerati “leader”, perché impegnati in attività di proselitismo, e verrebbero puniti; anche senza considerare che i membri dei gruppi locali della CDO sono eletti leader e restano in carica per un anno, creando un sistema di rotazione delle cariche in cui la maggior parte dei membri diventa leader temporaneamente.
Lo studio di Zhang conferma quindi che le decisioni che indagano se il rifugiato è un “leader” della CDO, in quanto tale meritevole di asilo, o un “membro comune”, presumibilmente immune dalla persecuzione in Cina, seguono un percorso sbagliato. Tutti i membri attivi della CDO sono perseguitati in Cina.

Massimo Introvigne (born June 14, 1955 in Rome) is an Italian sociologist of religions. He is the founder and managing director of the Center for Studies on New Religions (CESNUR), an international network of scholars who study new religious movements. Introvigne is the author of some 70 books and more than 100 articles in the field of sociology of religion. He was the main author of the Enciclopedia delle religioni in Italia (Encyclopedia of Religions in Italy). He is a member of the editorial board for the Interdisciplinary Journal of Research on Religion and of the executive board of University of California Press’ Nova Religio. From January 5 to December 31, 2011, he has served as the “Representative on combating racism, xenophobia and discrimination, with a special focus on discrimination against Christians and members of other religions” of the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE). From 2012 to 2015 he served as chairperson of the Observatory of Religious Liberty, instituted by the Italian Ministry of Foreign Affairs in order to monitor problems of religious liberty on a worldwide scale.


