Migliori “informazioni sui Paesi d’origine” (COI) hanno portato a decisioni favorevoli in alcuni Paesi, ma non tutti i tribunali ne sono a conoscenza.
di Massimo Introvigne

Benché la pandemia COVID-19 abbia reso più difficile la fuga dalla Cina verso i Paesi democratici, le commissioni amministrative e i tribunali continuano a esaminare casi riguardanti rifugiati cinesi. Il maggior numero di richieste di asilo basate sulla persecuzione religiosa di cittadini cinesi si riferisce a membri della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), un nuovo movimento religioso cristiano cinese che è attualmente il gruppo religioso più perseguitato in Cina.
L’esito delle loro procedure di asilo dipende in larga misura da quali COI (Country of Origin Information, “informazioni sui Paesi di origine”) sulla situazione della libertà religiosa in Cina e sulla CDO sono a disposizione delle commissioni e dei tribunali coinvolti, e quali sono effettivamente utilizzate.
Le prime decisioni su richiedenti asilo della CDO sono state per lo più negative, e basate su COI con informazioni incomplete e spesso errate sulla Chiesa. Le ragioni erano due. In primo luogo, le COI si basano o su studi accademici o su fonti giornalistiche. Queste ultime, anche quando pubblicate in Occidente, riflettevano per lo più pubblicazioni ufficiali cinesi che cercavano di giustificare la persecuzione della CDO. Per gli studiosi indipendenti studiare la CDO in Cina, dove è duramente perseguitata, è praticamente impossibile.
Adeguati studi accademici sulla CDO hanno iniziato ad apparire solo dopo che la Chiesa ha aperto comunità in Paesi democratici, cioè dal 2015 in poi, e sono diventati significativi dopo il 2017, influenzando a loro volta alcuni media di migliore qualità. In secondo luogo, come Bitter Winter ha ripetutamente appreso dagli avvocati coinvolti nelle procedure di asilo, le ambasciate e i consolati cinesi continuano a fornire alle autorità dei Paesi in cui arrivano i rifugiati informazioni ostili sulla CDO.
Anche se prodotte da agenzie governative, la maggior parte delle COI sulla CDO pubblicate prima del 2017 erano inadeguate, e spesso menzionavano notizie false riprese dalla propaganda cinese. A partire dal 2017, tuttavia, la situazione è cambiata. Mentre gli studiosi avevano criticato le COI prodotte nel 2014 dall’Immigration and Refugee Board of Canada, spesso citate nelle decisioni europee, l’ufficio canadese ha pubblicato nuove e aggiornate COI nel 2019, dopo essersi consultato con i principali studiosi occidentali che avevano scritto sulla CDO.
Nello stesso anno, il Ministero dell’Interno italiano ha pubblicato COI (in italiano) sulla CDO e la sua persecuzione in Cina. Un documento COI parallelo dello stesso Ministero ha evidenziato come i membri della CDO all’estero siano tenuti sotto sorveglianza e identificati attraverso il riconoscimento facciale, in modo da poter essere arrestati se ritornano in Cina. Infine, nel 2020, il Ministero degli Affari Esteri dei Paesi Bassi ha pubblicato nuove COI sulla Cina, con una sezione importante sulla CDO. Nel 2019 e nel 2020 anche il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha esaminato la persecuzione della CDO nei suoi rapporti sulla libertà religiosa.
Sebbene un credente della CDO possa trovare occasionali dettagli non corretti quando viene menzionata la teologia del movimento, questi documenti del 2019 e del 2020 si basano su un serio e lodevole sforzo di esaminare la letteratura scientifica sulla CDO ora disponibile. Sulla base di queste COI, dovrebbe ora essere possibile per i rifugiati della CDO essere riconosciuti come membri di una minoranza perseguitata, il cui ragionevole e giustificato “timore di persecuzione”, qualora fossero costretti a tornare in Cina, dà loro diritto all’asilo in Paesi democratici.
È una conclusione inevitabile quando si leggono e si utilizzano le nuove COI. Ad esempio, diverse decisioni emesse dopo la pubblicazione delle nuove COI olandesi hanno concesso asilo nei Paesi Bassi a credenti della CDO. In Italia, diverse sentenze, tra cui due della Corte di Cassazione, sono state anch’esse favorevoli ai rifugiati della CDO.
Purtroppo, però, leggiamo ancora decisioni in cui sono utilizzate le vecchie COI, le nuove COI vengono ignorate, e sono invocate argomentazioni infondate per concludere che i rifugiati della CDO non hanno diritto all’asilo. Bitter Winter è venuto a conoscenza di una recente decisione negativa in Italia che è in qualche modo tipica in questo senso, ma esistono esempi anche in altri Paesi.
Alcune decisioni riconoscono che non c’è libertà religiosa in Cina e che la CDO è perseguitata, ma considerano la storia individuale del richiedente asilo della CDO non credibile. I rifugiati che arrivano in un nuovo Paese possono a volte essere spaventati e confusi, e non in grado di riferire chiaramente la loro storia. È anche vero che i traduttori ufficiali forniti dalle commissioni qualche volta non offrono la qualità di traduzione che sarebbe necessaria in casi così delicati.
Le commissioni dovrebbero guardare al quadro più ampio piuttosto che cercare le contraddizioni in dettagli minori. Poiché, come confermano le più recenti COI, essere membri della CDO è sufficiente per essere arrestati e incarcerati in Cina, una volta dimostrato che un richiedente asilo appartiene alla CDO, anche il “timore di persecuzione” deve essere considerato provato.
Ci sono, tuttavia, decisioni che non riconoscono l’esistenza di una persecuzione religiosa in Cina o negano che la CDO sia perseguitata. Alcune decisioni sembrano fidarsi più delle informazioni diffuse dalle ambasciate cinesi che delle COI dei loro stessi governi (in Italia, una decisione ha continuato a citare COI piuttosto obsolete dell’Università di Roma, mentre ne sono disponibili di nuove del Ministero dell’Interno). In casi per fortuna rari, le COI di provenienza governativa e gli studi accademici sono liquidati come “non indipendenti” in quanto basaste su fonti “ostili alla Cina” – il che naturalmente squalificherebbe quasi tutti gli studiosi e gli organismi internazionali di diritti umani che hanno avuto a che fare con la Cina, in quanto hanno unanimemente concluso che i diritti umani non sono rispettati in quel Paese. Incredibilmente, si crede alla propaganda cinese che sostiene che la libertà religiosa è rispettata in Cina, e diffonde notizie false sulla CDO, e questo nonostante il fatto che le recenti COI prodotte dai governi raccontino una storia diversa.
È anche falso sostenere che solo gli studiosi e i governi ostili alla Cina riferiscono della persecuzione della CDO. In realtà, queste notizie provengono spesso dallo stesso governo cinese. Un sito web ufficiale cinese sulla repressione degli xie jiao (gruppi religiosi vietati dal governo) ha una sezione sui casi giudiziari, e informa settimanalmente sulle decisioni che condannano i membri della CDO a diversi anni di carcere solo perché praticano e diffondono la loro fede. La Cina gestisce la più grande banca dati di decisioni legali del mondo. Sebbene non includa tutte le sentenze pronunciate in Cina, una ricerca sui casi che coinvolgono devoti della CDO porta a trovarne centinaia di condannati a pene detentive severe per gli unici “crimini” della partecipazione a riunioni di preghiera, evangelizzazione, o anche solo tenere a casa della letteratura della CDO. La conclusione è che le informazioni sulla persecuzione della CDO in Cina non provengono solo da governi e studiosi critici nei confronti della Cina. Vengono principalmente dalle stesse autorità cinesi.
Infine, alcune decisioni continuano a sostenere che, se i richiedenti asilo della CDO fossero stati davvero perseguitati in Cina, non avrebbero dovuto ottenere il passaporto. Se hanno ottenuto il passaporto, secondo alcune decisioni europee, questa è la prova che non sono stati perseguitati.
Una risposta legale a questa argomentazione è che i richiedenti asilo non devono dimostrare di essere stati perseguitati in Cina, ma di avere un “fondato timore di essere perseguitati” (articolo 1 della Convenzione sui Rifugiati del 1951, articolo 1 del Protocollo sui Rifugiati del 1967, articolo 2 della Direttiva RECAST dell’Unione europea del 2011). Come specificano le COI italiane sulla CDO e il riconoscimento facciale, anche se i rifugiati non erano noti come membri della CDO in Cina, quando hanno ottenuto il passaporto, ora sono noti alle autorità cinesi come credenti della CDO, perché la Cina tiene d’occhio la CDO e le altre comunità cinesi dissidenti all’estero e ne identifica i membri attraverso il riconoscimento facciale. Se tornassero in Cina, sarebbero prontamente arrestati.
Ma c’è anche una risposta fattuale. Ancora una volta, quando affermano categoricamente che un membro di un gruppo perseguitato non può ottenere un passaporto in Cina, alcune decisioni europee si basano su COI antiquate sulla sicurezza cinese, e anche su una logica sbagliata. I sistemi di sicurezza cinesi non sono infallibili e, come riferiscono le citate COI olandesi sulla Cina , possono essere superati “attraverso la corruzione”.
La semplice logica dovrebbe anche aiutare a concludere che ottenere un passaporto per un membro della CDO non è impossibile. Ogni mese, fonti cinesi riferiscono che decine di membri della CDO sono stati identificati e arrestati. Se da un lato questo prova che c’è persecuzione, dall’altro dimostra che ci sono migliaia di credenti della CDO che non sono ancora stati identificati come tali (altrimenti sarebbero già stati arrestati). Prima diessere identificati come membri della CDO, essi vivono in una situazione di rischio e di “fondato timore” (in quanto possono essere identificati o denunciati in qualsiasi momento, in particolare perché chi li denuncia riceve notevoli ricompense in denaro), ma non sono comunque ancora schedati e possono ottenere un passaporto.
Ovviamente, considerazioni politiche interagiscono con quelle puramente legali. In alcuni Paesi, il desiderio di non inimicarsi la Cina può prevalere su altre considerazioni. Tuttavia, le commissioni amministrative e i tribunali dovrebbero riconoscere che in Cina non c’è libertà religiosa, che i membri della CDO sono severamente perseguitati, che essere identificati come membri della CDO è sufficiente per andare in prigione per diversi anni, e che la Cina tiene d’occhio le comunità della CDO all’estero e conosce chi è attivo nei Paesi dove è richiesto l’asilo.
Questi sono tutti fatti, facilmente dimostrabili, e riconosciuti da COI pubblicate da autorità governative. Chi rimanda in Cina i richiedenti asilo della CDO dovrebbe sapere che li sta mandando in prigione, o peggio.