Quasi tutte le religioni condannano il suicidio. Perché allora esistono suicidi “rituali”?
di Massimo Introvigne*
*Relazione presentata alla Occult Convention IV, Parma, 6 settembre 2025.
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Questa presentazione esamina il tema delicato e complesso dell’intersezione tra religione, esoterismo e suicidio. Ci spinge a confrontarci con domande impegnative sulla vita, la morte, la fede e l’azione con rigore intellettuale e maturità emotiva.
Nella maggior parte delle società e delle tradizioni religiose, il suicidio è considerato un atto tragico legato alla disperazione, alla malattia mentale o al degrado sociale. Tuttavia, storicamente e in diverse culture, ci sono stati periodi in cui il suicidio è stato accettato o addirittura valorizzato, considerato un sacrificio nobile, una transizione spirituale o una protesta contro l’ingiustizia. Questi atti non sono solo personali, ma sono inseriti in sistemi di senso che conferiscono loro un significato teologico, esoterico e politico.
La mia analisi non intende esprimere un giudizio morale. Cerca invece di comprendere come varie tradizioni religiose ed esoteriche interpretano il suicidio, specialmente in contesti ritualizzati o ideologici. Analizzeremo casi in cui il suicidio è visto come martirio, purificazione, trascendenza o resistenza, e ci interrogheremo sul significato della morte quando è inquadrata come un atto religioso.
La nostra indagine includerà dieci casi di studio che illustrano diversi sistemi di credenze, circostanze e scelte: dal martirio ebraico antico a Masada all’autoimmolazione moderna dei monaci buddhisti, dai rituali di digiuno giainisti ai suicidi apocalittici esoterici del XX secolo. Inoltre, esploreremo il terrorismo suicida nei contesti islamici radicali, utilizzando prospettive sociologiche e teologiche.
Eviteremo etichette semplicistiche come “setta”, preferendo invece discutere movimenti, tradizioni e sistemi di credenze per riflettere la loro complessità.
Questa presentazione non riguarda solo il suicidio, ma anche il modo in cui gli esseri umani trovano un senso alla vita e alla morte, come le credenze influenzano profondamente il comportamento, e come i rituali e l’ideologia possono trasformare atti estremi in espressioni di fede. Cominciamo con una domanda fondamentale: come vedono il suicidio le principali religioni del mondo?
Il suicidio è ampiamente condannato dalle religioni. È considerato una violazione della legge divina, del dovere verso Dio o gli dei e dell’armonia cosmica. Ecco una breve panoramica di come questo divieto appare nelle tradizioni principali.

- Cristianesimo
Nella fede cristiana, la vita è un dono divino e gli esseri umani ne sono custodi, non proprietari. Il suicidio è considerato un peccato perché usurpa l’autorità divina sulla vita e sulla morte. I primi Padri della Chiesa, così come Agostino e Tommaso d’Aquino, lo hanno condannato fermamente. Tommaso d’Aquino sosteneva che il suicidio contraddice la legge naturale, danneggia la comunità e offende Dio.
Storicamente, a coloro che commettevano suicidio era negata la sepoltura cristiana e le loro famiglie dovevano affrontare lo stigma sociale. Sebbene le denominazioni cristiane moderne possano mostrare maggiore compassione, riconoscendo come cause del suicidio la malattia mentale e la depressione, la posizione teologica ostile al suicidio rimane sostanzialmente invariata.
- Islam
Anche l’Islam condanna severamente il suicidio. Il Corano afferma: “Non uccidete voi stessi. Allah è misericordioso con voi” (Corano 4:29). Anche la letteratura degli hadith mette in guardia contro il suicidio, minacciando una punizione severa nell’aldilà.
La sacralità della vita è fondamentale nell’etica islamica. La vita è un dono di Dio, che solo ha il diritto di porvi fine. Il suicidio è considerato sia un fallimento personale sia un peccato spirituale. Questa prospettiva aggiunge complessità a fenomeni come il terrorismo suicida, in cui la morte autoinflitta è talvolta interpretata come martirio.

- Ebraismo
L’ebraismo proibisce il suicidio, considerandolo una violazione del comandamento di preservare la vita. Il Talmud dichiara che una persona che si toglie la vita perde la sua possibilità di entrare nel mondo a venire. Tuttavia, la legge ebraica è sfumata, con eccezioni per il martirio o la persecuzione estrema.
L’esempio di Masada, che vedremo nel prossimo articolo della serie, mostra come le comunità ebraiche abbiano bilanciato la legge religiosa con le minacce esistenziali. Sebbene il suicidio sia generalmente condannato, gli atti di sacrificio di sé per la fede o la dignità sono stati considerati eroici.
- Induismo
L’induismo scoraggia il suicidio a causa delle sue ripercussioni karmiche. La vita fa parte di un ciclo cosmico e porvi fine prematuramente interrompe il progresso spirituale. Il suicidio può portare a karma negativo e alla rinascita in regni inferiori.
Tuttavia, pratiche come il sati, in cui la morte volontaria era talvolta considerata un dovere religioso, evidenziano la complessità dell’etica indù, in cui il dharma (inteso come dovere) può talvolta prevalere sulla stessa vita personale.

- Buddhismo
Il buddhismo promuove la consapevolezza, la compassione e la fine della sofferenza. Il suicidio è generalmente scoraggiato perché deriva dall’avversione e dall’attaccamento, i due veleni della filosofia buddhista. Inoltre, interrompe il viaggio verso l’illuminazione e genera karma negativo.
Tuttavia, alcuni monaci buddhisti hanno compiuto atti di autoimmolazione come forma di protesta o sacrificio spirituale. Questi atti sfidano le interpretazioni tradizionali e invitano a riflettere sulla sofferenza, sulle intenzioni e sulle scelte morali.

Massimo Introvigne (born June 14, 1955 in Rome) is an Italian sociologist of religions. He is the founder and managing director of the Center for Studies on New Religions (CESNUR), an international network of scholars who study new religious movements. Introvigne is the author of some 70 books and more than 100 articles in the field of sociology of religion. He was the main author of the Enciclopedia delle religioni in Italia (Encyclopedia of Religions in Italy). He is a member of the editorial board for the Interdisciplinary Journal of Research on Religion and of the executive board of University of California Press’ Nova Religio. From January 5 to December 31, 2011, he has served as the “Representative on combating racism, xenophobia and discrimination, with a special focus on discrimination against Christians and members of other religions” of the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE). From 2012 to 2015 he served as chairperson of the Observatory of Religious Liberty, instituted by the Italian Ministry of Foreign Affairs in order to monitor problems of religious liberty on a worldwide scale.


