Una decisione errata che aveva negato le sovvenzioni statali e la registrazione all’organizzazione a causa della posizione tenuta nei confronti degli ex membri espulsi dalla comunità è stata annullata in appello.
di Massimo Introvigne
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“I Testimoni di Geova sono stati completamente riabilitati, dato che la decisione di negare le sovvenzioni e la registrazione non è valida”. È questa la conclusione (p. 34) cui è pervenuta la Corte d’Appello di Borgarting, che il 14 marzo 2025 ha annullato la decisione del Tribunale Distrettuale di Oslo del 24 marzo 2024. Su “Bitter Winter” abbiamo spiegato i motivi per cui quest’ultima decisione era errata, pericolosa per la libertà di culto e incoerente rispetto agli obblighi internazionali cui è tenuta la Norvegia secondo le convenzioni dell’ONU e dell’Europa. La Corte d’Appello è pervenuta alle medesime conclusioni.
Il caso, come osserva la Corte d’Appello, è iniziato nel 2021, quando “il Ministero norvegese dell’Infanzia e della Famiglia ricevette una lettera da parte di Rolf Johan Furuli, ex membro dei Testimoni di Geova” (p. 3). Il suo reclamo riguardava la prassi dei Testimoni di Geova di consigliare ai propri fedeli di non associarsi a ex membri (esclusi i familiari conviventi) che erano stati espulsi in quanto colpevoli di gravi peccati, ed erano rimasti impenitenti, o che si erano pubblicamente dissociati dall’organizzazione. Si sosteneva che in questo modo i Testimoni di Geova violassero il diritto dei membri di cambiare credo religioso, dal momento che la paura costringerebbe coloro che vogliono andarsene a decidere di restare nell’organizzazione. Furuli ha inoltre affermato che la stessa prassi viene applicata anche nei confronti dei “figli” (intesi come minori) che verrebbero battezzati prima “di essere abbastanza maturi mentalmente per capire appieno quello che stanno facendo” (p. 3).
Alla fine, questi argomenti hanno convinto il governo e l’Amministratore Statale di Oslo e Viken a negare ai Testimoni di Geova le sovvenzioni statali che questi ricevevano normalmente da trent’anni, in ossequio alla Sezione 16 della Costituzione norvegese (“Tutte le comunità a carattere religioso e filosofico devono essere sostenute su base equanime”). Fu inoltre negata la registrazione dei Testimoni di Geova della Norvegia come ente religioso secondo la Legge n. 31 del 24 aprile 2020.
Tali provvedimenti amministrativi sono stati confermati dal Tribunale Distrettuale di Oslo il 24 marzo 2024. I Testimoni di Geova hanno fatto istanza d’appello. Il Centro per il Diritto e la Libertà Religiosa presso l’Università Jagellonica a Cracovia, la Religious Freedom Clinic presso l’Università di Harvard e il Comitato di Helsinki norvegese hanno inviato lettere a sostegno della posizione dei Testimoni di Geova, che sono state ammesse a “costituire parte delle motivazioni della decisione del caso” (p. 5).

In primo luogo, la Corte d’Appello prende in esame la prassi che preferisce definire “distanziamento sociale” dagli ex membri che sono stati espulsi o che si sono pubblicamente dissociati dai Testimoni di Geova. Afferma che si baserà prevalentemente su pubblicazioni edite dai Testimoni di Geova, e che le testimonianze udite hanno persuaso la Corte che quanto accade in pratica è “essenzialmente in accordo con quello che si descrive negli scritti dei Testimoni di Geova”.
La Corte osserva che non vi è alcun disaccordo tra le parti sul fatto che i Testimoni di Geova insegnino il “distanziamento sociale” in base alla propria interpretazione della Bibbia, in particolare 1 Corinti 5:13 (“Scacciate il malvagio di mezzo a voi”) e 5:11 (“Con gente simile non dovete neppure mangiare insieme”) [TILC]. Questa “esclusione” non è applicata nei confronti di membri che semplicemente divengono inattivi senza annunciare pubblicamente di aver lasciato i Testimoni di Geova.
Inoltre, come riassume la Corte d’Appello, in base alle pubblicazioni dei Testimoni di Geova, i “‘vincoli familiari’ non sono interrotti in seguito all’allontanamento o all’espulsione. Questo si evidenzia particolarmente in due eccezioni alla regola generale sull’evitare i contatti. In primo luogo, i membri battezzati potranno ancora avere i normali contatti giornalieri con membri che si sono allontanati o che sono stati espulsi ma che vivono nella stessa casa, anche se con loro cesserà la comunione di tipo spirituale. In secondo luogo, i membri battezzati potranno avere contatti con i familiari non conviventi che sono stati espulsi o che si sono allontanati, al fine di sbrigare quelle che sono definite […] ‘questioni familiari necessarie’”. Ad esempio, “se i genitori espulsi si ammalano o non riescono più a badare a sé stessi a livello economico o fisico, i figli che sono Testimoni di Geova avranno il dovere scritturale e morale di assisterli. Similmente, se un figlio espulso [non convivente] non sta bene fisicamente o emotivamente, i genitori Testimoni di Geova si prenderanno cura di lui” (p. 17).
Quei membri che non rispettino le norme di espulsione potrebbero essere soggetti a una disciplina religiosa, ma “solo in caso di ‘contatti spirituali persistenti o di persistenti critiche contro la decisione relativa all’espulsione’” (p. 18).
Quanto ai minori, “la maggior parte di coloro che crescono in famiglie in cui i genitori sono Testimoni di Geova si battezza all’età di circa 15-18 anni” (p. 14). Soltanto una persona ha attestato di essere stata battezzata a undici anni, ma questo è avvenuto decenni fa. Vi sono anche figli di Testimoni di Geova che decidono liberamente di non aderire all’organizzazione. “In base alle prove”, ha osservato la Corte d’Appello, “tale scelta non impedirà i normali contatti con la famiglia e con altri membri dei Testimoni di Geova” (pp. 14-5).
La Corte d’Appello ha inoltre osservato che, prima di essere battezzati, i minori possono partecipare all’opera di predicazione in qualità di “predicatori non battezzati” se gli anziani decidono che sono sufficientemente maturi. “Non è inusuale diventare predicatori non battezzati all’età di 11-15 anni” (p. 14). Se commettono peccati gravi e non mostrano pentimento, anche i predicatori non battezzati possono essere esclusi. Le conseguenze saranno meno severe rispetto a quelle previste per i membri battezzati. Ai predicatori non battezzati che sono stati esclusi non è consentito predicare o fare discorsi alle riunioni della congregazione. Si raccomanda di mostrare “cautela” nell’associarsi a loro, ma secondo diversi testimoni (sebbene altri non si siano trovati concordi) tale suggerimento in pratica “non comporta conseguenze rilevanti” (p. 19).
La Corte d’Appello ha esaminato separatamente le due ragioni addotte dallo Stato per aver ritirato le sovvenzioni e aver negato la registrazione: la prima è che le conseguenze dell’esclusione violino il diritto di abbandonare liberamente un’organizzazione religiosa; la seconda è che far subire un processo ai minori che hanno commesso peccati gravi e sottoporli al distanziamento sociale violi i diritti dei bambini.
La Corte d’Appello afferma che i Testimoni di Geova in effetti ottemperano alla Sezione 2 della Legge Norvegese sulle Comunità Religiose, dal momento che per lasciare l’organizzazione basta inviare una richiesta scritta. Osserva inoltre che durante i lavori della Commissione Stålsett, che ha redatto la legge, era stato esplicitamente “non raccomandato” di includere “l’ostracismo sociale” degli ex membri tra i criteri che giustificassero il rifiuto di erogare le sovvenzioni statali (p. 21). Ma nel caso dei Testimoni di Geova, osservano i giudici d’appello, non esiste neppure un “completo ostracismo sociale”. I familiari conviventi non sono soggetti al “distanziamento sociale”, e i contatti per gestire “questioni familiari necessarie” sono mantenuti. Inoltre, “coloro che si sono ritirati potranno anche avere normali contatti con familiari che non sono Testimoni di Geova battezzati (inclusi fratelli o sorelle che hanno scelto di non battezzarsi), e altre reti di conoscenze all’infuori dei Testimoni di Geova” (p. 23). La Corte d’Appello ha concluso che “in caso di abbandono, non vi è alcun problema di ‘completo ostracismo sociale e/o di gravi conseguenze economiche’, ossia la circostanza che lo Stålsett Committee aveva pensato di regolare e che potrebbe costituire motivo di rifiuto delle sovvenzioni. Come è stato detto, la Commissione ha [infine] concluso che non era appropriato regolare questo aspetto mediante la legge” (p. 23).

Ovviamente, lasciare i Testimoni di Geova comporta conseguenze spiacevoli, ma questo è vero per molte organizzazioni religiose, e le “conseguenze non danno adito a una pressione tanto eccessiva da violare il diritto dei membri a ritirarsi liberamente ai sensi dell’Articolo 9(1) della CEDU [Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo] o di altri obblighi relativi ai diritti dell’uomo o della Costituzione norvegese” (p. 22). La Corte d’Appello, inoltre, “sottolinea tra l’altro che le conseguenze sociali della scelta di fuoriuscire – che per molti può indubbiamente essere molto difficile – sono previste dalle regole dei Testimoni di Geova e sono note ai membri, sia a chi sceglie di fuoriuscire sia ai membri che rimangono. Pertanto, a essere applicata non è una ‘sanzione’ nuova e sconosciuta” (p. 22).
Nel caso di minori che siano predicatori battezzati o non battezzati, lo Stato ha argomentato che sottoporli alle procedure di un comitato giudiziario ed espellerli, con le conseguenze del “distanziamento sociale”, può costituire “violenza psicologica” e “controllo sociale negativo” ai sensi dell’Articolo 19 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo e della Sezione 30 della Legge norvegese sull’infanzia, giustificando così il diniego delle sovvenzioni e della registrazione. La Corte d’Appello avverte che le sue conclusioni sono “soggette a dubbi”, un punto sul quale hanno insistito gli oppositori dei Testimoni di Geova. Leggendo la decisione, risulta tuttavia chiaro che i “dubbi” derivano per la maggior parte dal fatto che concetti come il “controllo sociale negativo” non hanno un contenuto chiaramente definito nel diritto norvegese (p. 30).
Quanto alla “violenza psicologica”, una disamina sia della giurisprudenza internazionale sia di quella norvegese mostra che essa dovrebbe normalmente comportare “una serie di atti o comportamenti abusivi che si ripete o persiste nel tempo” (p. 26). Incontrare un comitato di anziani potrebbe essere percepito come “spiacevole e umiliante” dai minori (p. 26), sebbene essi saranno accompagnati dai genitori, “il che di norma renderà meno stressante la conversazione, almeno in qualche misura”, e le norme dei Testimoni di Geova richiedono “che la conversazione con gli anziani si svolga nel modo più gentile e meno dettagliato possibile” (p. 27). Inoltre, proprio come gli adulti, i minori vengono a “conoscere […] le conseguenze del violare le norme” prima di battezzarsi (p. 27). Comunque, conclude la Corte, l’incontro con gli anziani, “in vista di una possibile esclusione, avrà normalmente luogo in un arco di tempo relativamente breve. Quell’incontro, perciò, non si può affermare costituisca una ‘serie di atti o di condotta denotati da violenza che si ripete o persiste nel tempo’ […] non ha la natura di ‘abuso’ psicologico” (p. 27).
Neppure il “distanziamento sociale” dei minori costituisce un caso di violenza psicologica. “Dalle regole dei Testimoni di Geova risulta che l’esclusione non interrompe i legami familiari. Per i figli che vivono in casa, così come avviene per la stragrande maggioranza dei minori, questo significa che le attività quotidiane della famiglia continueranno. I bisogni emotivi e fisici dei minori, pertanto, continueranno a essere soddisfatti dai genitori, e il minore potrà socializzare in casa con altri familiari […]. Se un minore non vive in casa, i genitori avranno il dovere di prendersi cura del figlio espulso che non sta bene a livello fisico o emotivo […]. Il fatto che alcuni genitori possano agire nei confronti di un figlio che è stato espulso o che si è ritirato in maniera più dura rispetto a quanto è permesso dai Testimoni di Geova, ad esempio isolandolo socialmente a casa o richiedendo che se ne vada, non è qualcosa che la comunità religiosa dei Testimoni di Geova incoraggi; al contrario” (p. 28).

Quanto allo sfuggente “controllo sociale negativo”, la vaghezza del concetto implica, perché se ne possa provare l’esistenza in un’organizzazione religiosa, una soglia molto alta. In questo caso, qualsiasi considerazione riguardo alla possibile violazione dei diritti dei minori dovrebbe essere “controbilanciata dalla libertà di religione o di credo dei minori e del genitore” (p. 32). Le Sezioni 2 e 3 della Legge norvegese sulle comunità religiose considerano i minori che hanno raggiunto i quindici anni maturi abbastanza da aderire a una comunità religiosa e riconoscono che ve ne potrebbero essere alcuni sotto i quindici anni che sono in grado di “formarsi le proprie opinioni” e che hanno il diritto di partecipare ad attività religiose (p. 32). Di conseguenza, i minori hanno il diritto di battezzarsi in qualità di Testimoni di Geova. Hanno anche il diritto di non essere battezzati benché i genitori siano Testimoni di Geova, e difatti questo “non è del tutto inusuale” (p. 32) e non comporta l’applicazione nel loro confronti di provvedimenti di esclusione.
Ovviamente, “il controllo sociale è presente in tutte le famiglie e le organizzazioni, incluse le comunità religiose” (p. 31). Tuttavia, “non ci sono prove che i minori battezzati che crescono tra i Testimoni di Geova incontrino sfide maggiori, a livello psicologico, rispetto ad altri entro la popolazione” (p. 32). Pertanto, “la Corte d’Appello ha concluso che la prassi del distanziamento sociale nei confronti dei membri battezzati minorenni non ‘viola i diritti dell’infanzia’, poiché non è stato provato che questa prassi esponga i minori a violenza psicologica e/o a un controllo sociale negativo diretti verso i minori” (p. 34).
Quanto ai minori che sono predicatori non battezzati, sarebbe sufficiente applicare a loro le medesime osservazioni per escludere qualsiasi violazione dei diritti dell’infanzia. Tuttavia, i giudici d’appello osservano che “sebbene, da un lato, molti predicatori non battezzati minorenni spesso siano più giovani dei minori battezzati, e quindi spesso più vulnerabili, dall’altro lato un predicatore non battezzato non sarà escluso e quindi non sarà evitato dagli altri Testimoni di Geova come avviene nel caso di Testimoni di Geova minorenni e battezzati che sono stati esclusi” (p. 34).
Dato che i Testimoni di Geova hanno avuto successo su tutti i punti del ricorso, sono state loro riconosciute le spese legali nell’ammontare di 8,5 milioni di NOK (796.000 dollari). Come ha commentato il 14 marzo l’importante giornale cristiano norvegese “Dagen”, si è trattato di un “verdetto devastante” in cui le argomentazioni impiegate dal governo contro i Testimoni di Geova sono state “smantellate”.
La sentenza (che lo Stato può appellare dinanzi alla Corte Suprema) è in linea con decisioni prese in diversi paesi democratici, nonché dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in merito alle norme di espulsione dei Testimoni di Geova. Potrebbe costituire un importante precedente nel caso in cui altri Paesi pensassero, poco saggiamente, di agire contro i Testimoni di Geova a causa delle loro norme di espulsione, che sono chiaramente tutelate da leggi internazionali sulla libertà di religione e di credo.

Massimo Introvigne (born June 14, 1955 in Rome) is an Italian sociologist of religions. He is the founder and managing director of the Center for Studies on New Religions (CESNUR), an international network of scholars who study new religious movements. Introvigne is the author of some 70 books and more than 100 articles in the field of sociology of religion. He was the main author of the Enciclopedia delle religioni in Italia (Encyclopedia of Religions in Italy). He is a member of the editorial board for the Interdisciplinary Journal of Research on Religion and of the executive board of University of California Press’ Nova Religio. From January 5 to December 31, 2011, he has served as the “Representative on combating racism, xenophobia and discrimination, with a special focus on discrimination against Christians and members of other religions” of the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE). From 2012 to 2015 he served as chairperson of the Observatory of Religious Liberty, instituted by the Italian Ministry of Foreign Affairs in order to monitor problems of religious liberty on a worldwide scale.


