BITTER WINTER

Ascesa e caduta della politica cinese del figlio unico. 4. Effetti collaterali

by | Apr 4, 2025 | Documents and Translations, Italian

La politica del figlio unico ha arrecato gravi danni alla società e all’economia cinesi. Ora è stata abolita ufficialmente, ma i danni continueranno per decenni.

di Massimo Introvigne*

*Intervento al convegno “Giornata della vita nascente”, organizzato da UNEBA (Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale), Pisa, e dalla Fondazione Madonna del Soccorso, Fauglia – Ponsacco (Pisa), 25 marzo 2025.

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La propaganda cercava di persuadere i cinesi che “avere un bambino o una bambina è lo stesso”. Non ha funzionato. Da  chineseposters.net.
La propaganda cercava di persuadere i cinesi che “avere un bambino o una bambina è lo stesso”. Non ha funzionato. Da  chineseposters.net.

Quello che è chiaro è che la politica del figlio unico e la campagna precedente “più tardi, più a lungo, e di meno” hanno avuto effetti collaterali drammatici che nessuno aveva previsto e che hanno creato enormi problemi alla società cinese. Ne elencherò quattro.

In primo luogo, il fenomeno più studiato è quello che è stato chiamato “genericidio”. Non è un fenomeno inventato dai critici della Cina. Il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne ha ripetutamente attirato l’attenzione su questo fenomeno. In poche parole, la stragrande maggioranza dei cittadini cinesi ritiene che sia più onorevole ed economicamente conveniente avere un figlio maschio piuttosto che una femmina. Quando sono stati costretti ad avere uno o due figli soltanto, hanno abortito in massa, ucciso dopo la nascita o abbandonato le bambine per tenere i maschi.

Come viene rappresentato nel film “One Child Nation”, sempre nella sintesi di Marco Respinti, “i bambini che non erano abortiti, erano abbandonati dai genitori e dai parenti e lasciati morire. Questa tragedia ha toccato anche la famiglia della regista Nanfu Wang, come ha scoperto di recente. Shihua Wang, suo zio da parte di madre, ha abbandonato la sua bambina al suo destino nel mercato locale dove lavorava. Nel giro di pochi giorni, la bambina è stata trovata morta, morsa da insetti ovunque. Guijiao Wang, zia della regista Wang da parte di padre, ha consegnato la sua bambina ai trafficanti di esseri umani. La politica del figlio unico ha prodotto di fatto migliaia di ‘orfani’, venduti ai trafficanti da genitori e parenti (questo valeva soprattutto per le femmine). I trafficanti di esseri umani pagavano l’equivalente di circa duecento dollari statunitensi per bambino, poi li vendevano agli ‘orfanotrofi’ gestiti dallo Stato, che a loro volta offrivano i bambini in adozione internazionale (ufficializzata in Cina nel 1992), reinvestendo il denaro in altri traffici di esseri umani. A volte i bambini venivano direttamente rapiti. Circa 130.000 bambini sono stati collocati nelle adozioni internazionali” prima che queste fossero limitate nel XXI secolo.

Nanfu Wang. Crediti.
Nanfu Wang. Crediti.

Le caratteristiche principali del genericidio sono tre. In primo luogo, l’aborto e l’infanticidio. Si noti che la selezione di genere spesso richiede un aborto tardivo. Quando le autorità hanno cercato di impedirlo vietando le ecografie, molti sono passati dall’aborto all’infanticidio. In secondo luogo, le bambine “in nero”, senza documenti. Le madri le partorivano clandestinamente e non le registravano presso le autorità. Questo significa che, senza registrazione, non avevano accesso all’istruzione o all’assistenza sanitaria. Inoltre, diventavano facili prede per il traffico di esseri umani, la pedopornografia e la prostituzione forzata, perché legalmente non esistevano. In terzo luogo, le famiglie che non avevano il coraggio di uccidere le neonate, le abbandonavano. Molte di esse sono morte, come si vede nel film “One Child Nation”, o sono finite nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Una serie di incidenti particolarmente commoventi si è verificata nello Xinjiang, dove le bambine abbandonate dai genitori cinesi sono state salvate e accudite, spesso di nascosto, da famiglie uigure.

Il secondo effetto collaterale della politica cinese di controllo delle nascite, anch’esso legato al genericidio, è lo squilibrio tra la popolazione maschile e quella femminile. Gli studiosi di demografia sanno che alla nascita il rapporto naturale è di 105 maschi per 100 femmine. Il rapporto si uniforma nel tempo a causa dei tassi di mortalità precoce più elevati nei maschi.

Quando nel 2014 Howden e Yang hanno pubblicato il loro studio, hanno notato che secondo “l’Ufficio nazionale di statistica cinese, il rapporto è attualmente di 118 maschi ogni 100 femmine, lasciando molti giovani uomini cinesi soli (forse senza speranza) quando arrivano all’età del matrimonio”. A partire dal 2010, questo rapporto squilibrato ha creato un’eccedenza di quaranta milioni di maschi che non riescono a trovare una donna cinese di età adeguata da sposare”.

Un interessante lavoro di uno studente dell’Università di Padova, Mehmet Ogün Öztunca, pubblicato nel 2022, conclude che “la Cina è leader mondiale dello squilibrio di genere”. “Nel periodo 2030-2045, in Cina non ci saranno potenziali mogli per il venti per cento degli uomini del Paese. Inoltre, bande di criminali rapiscono donne in Vietnam, Corea del Nord, Mongolia e Russia e le portano in Cina, dove sono vendute a mariti che vivono in ‘villaggi degli scapoli’”. Il traffico non è organizzato solo da bande criminali. Quando andavo ancora in Cina (cosa che non faccio più per motivi di sicurezza dopo avere iniziato a pubblicare “Bitter Winter” nel 2018), ricordo di aver assistito all’arrivo all’aeroporto di Pechino di un aereo con centinaia di future spose nordcoreane. L’allegra e pubblica accoglienza organizzata all’aeroporto dimostrava che l’operazione non era segreta o clandestina. La Corea del Nord non ha molto da esportare, se non soldati (come vediamo nella guerra in Ucraina) e spose. Molte di queste spose non parlano cinese e alcune di quelle che sono scappate dalla Cina hanno raccontato di essere state trattate come schiave dai loro mariti. 

Ragazzine della Corea del Nord al lavoro. Alcune finiranno per essere “vendute” alla Cina come mogli. Crediti
Ragazzine della Corea del Nord al lavoro. Alcune finiranno per essere “vendute” alla Cina come mogli. Crediti

Il terzo effetto collaterale del controllo delle nascite cinese è la causa principale (recentemente, insieme alla gestione idiosincratica del COVID) dei problemi economici della Cina. Si tratta di un fenomeno che interessa molti Paesi industrializzati; tuttavia, in Cina, almeno fino al 2021, è stato incoraggiato invece che frenato dal governo.

Alla fine del 2023, la Cina contava quasi trecento milioni di persone con più di sessant’anni. Entro il 2035, questo numero dovrebbe raggiungere i 400 milioni, superando la popolazione degli Stati Uniti. L’Accademia cinese delle scienze sociali prevede che il fondo pensionistico pubblico per allora sarà esaurito. I ricercatori usano una metrica chiamata indice di dipendenza, che confronta il numero di persone di età superiore ai 65 anni con il numero di lavoratori di età inferiore ai 65 anni. Secondo le statistiche governative, nel 2022 questo rapporto in Cina era del 21,8%, il che significa che circa cinque lavoratori sostenevano un pensionato. Questo dato era ancora migliore di quello dell’Italia, dove l’indice di dipendenza è superiore al 35%, o del Giappone, che si avvicina al 50%. Tuttavia, l’indice in Cina sta crescendo rapidamente e l’economia cinese non è abituata al fenomeno. Poiché le politiche per aumentare le nascite sono fallite, nel 2024 la Cina ha annunciato l’innalzamento dell’età pensionabile. Ovviamente, ci sono dei limiti anche a quello che si può ottenere con questo mezzo.

Il quarto effetto collaterale è di tipo culturale e consiste nella distruzione della tradizionale struttura familiare cinese. Nonostante il comunismo, i cinesi hanno mantenuto un atteggiamento di rispetto per gli anziani. Oggi, invece, si trovano ad affrontare quello che chiamano il fenomeno del “4-2-1”, ovvero una famiglia media composta da quattro nonni, marito e moglie, e un bambino. Questo significa che prendersi cura dei nonni anziani diventa sempre più gravoso, mentre in passato adolescenti e giovani adulti non sposati offrivano il loro aiuto. Il numero di nonni collocati in case di riposo sta aumentando drammaticamente e, in generale, l’assistenza agli anziani sta passando dalle famiglie allo Stato, il che è costoso per il governo e socialmente dirompente. In Cina si assiste anche alla progressiva scomparsa di fratelli, zie, zii e cugini, tutti elementi importanti della tradizionale famiglia allargata cinese.

Il risultato è una maggiore anomia sociale e un aumento dei tassi di suicidio tra gli anziani. Gli studiosi sospettano che la Cina, nei suoi rapporti all’Organizzazione Mondiale della Sanità, sottovaluti deliberatamente i suicidi. Tuttavia, anche secondo le statistiche ufficiali, la Cina ha tassi di suicidio per 100.000 abitanti più alti rispetto alla maggior parte degli altri Paesi tra le persone di età superiore agli 85 anni (71,9), tra i 75 e gli 84 anni (38,4) e tra i 65 e i 74 anni (19,1). A titolo di confronto, tra queste tre coorti di età i suicidi per 100.000 abitanti in Italia sono rispettivamente 15,8, 13,4 e 9,3. Si può obiettare che i suicidi di anziani sono ancora più alti in Corea del Sud, ma questo è un altro Paese in cui, per ragioni diverse, il tasso di fertilità è diminuito drasticamente.

Pensionati in Cina. Il loro numero cresce continuamente. Crediti.
Pensionati in Cina. Il loro numero cresce continuamente. Crediti.

Un’altra conseguenza del crollo della famiglia tradizionale cinese è il fenomeno delle “famiglie monoparentali in lutto” (shidu jiating), che è stato studiato da studiosi sia occidentali sia cinesi. Si tratta di famiglie in cui c’era un solo figlio ed è morto. Nel XXI secolo, le autorità cinesi si sono rese conto che esistevano almeno due milioni di famiglie di questo tipo e che i genitori erano spesso indigenti e con problemi di salute mentale. In un Paese con una debole sicurezza sociale, come hanno osservato lo studioso tedesco Björn Alpermann e il suo collega cinese Yang Weiyue nel 2020, “molte famiglie shidu sono andate in rovina a causa degli alti costi sanitari sostenuti per cercare di salvare il figlio morente, nonché per loro stessi a causa del deterioramento della salute dopo la perdita”.

Il governo ha cercato di risolvere il problema offrendo alle famiglie shidu un piccolo sussidio mensile, poi aumentato, ma la situazione degli shidu non riguarda solo il denaro. Secondo Alpermann e Yang, “nella società cinese c’è uno stigma legato alla perdita dell’unico figlio, poiché questo non solo implica l’interruzione della linea familiare (duanzi juesun 断子绝孙) – un fallimento dal punto di vista confuciano – ma dal punto di vista buddhista può anche essere interpretato come il risultato di un fallimento morale dei genitori in una vita precedente. Sebbene questi atteggiamenti siano probabilmente più forti nelle comunità rurali più tradizionali, non sono assenti nemmeno nella Cina urbana. Ad esempio, nel loro studio qualitativo sugli shidu in cinque città di prima e seconda fascia, Wang e Ning hanno scoperto che i loro intervistati sono stigmatizzati come ‘persone sfortunate’ che devono essere evitate per evitare di essere contagiati dalla ‘sfortuna’, e gli stessi shidu interiorizzano questa visione autolesionista. Questo si riflette anche nel comportamento delle coppie shidu: per evitare di essere identificati come shidu da vicini e conoscenti, molti si trasferiscono in aree dove non sono molto conosciuti, ritirandosi di fatto ‘volontariamente’, o almeno in modo proattivo, dalla società”.

Un’altra conseguenza della prevalenza delle famiglie con un solo figlio, studiata da diversi studiosi, è il fenomeno che i cinesi chiamano del “piccolo imperatore”. Molti riferiscono che la nuova generazione di giovani cinesi è più viziata, arrogante e pigra di quella dei loro genitori, anche se ovviamente si tratta di un commento generale che non dovrebbe essere generalizzato. Tuttavia, la questione è abbastanza ampia da aver generato studi sociologici. I genitori di figli unici spesso li riempiono di attenzioni e cure che non sono pedagogicamente appropriate. Uno studio condotto dalla studiosa australiana Lisa Cameron e dai suoi colleghi sui “piccoli imperatori” ha dimostrato che hanno buoni risultati accademici ma spesso non riescono a metterli a frutto a causa della loro mancanza di empatia sociale. Molti sono “meno fiduciosi, meno affidabili, più avversi al rischio, meno competitivi, più pessimisti e meno coscienziosi” rispetto alla media della popolazione.

“La politica di controllo delle nascite assicurerà la salute e la prosperità del nostro popolo”. Davvero? Da chineseposters.net.
“La politica di controllo delle nascite assicurerà la salute e la prosperità del nostro popolo”. Davvero? Da chineseposters.net.

Riassumendo, la politica cinese di controllo delle nascite, contrariamente a quanto molti in Occidente hanno creduto, non ha ottenuto alcun risultato positivo significativo. Non ha determinato la crescita economica della Cina né la riduzione della povertà. Risultati simili sono stati raggiunti da altri Paesi demograficamente comparabili senza ricorrere al controllo forzato delle nascite. Un esempio spettacolare è l’India. Ha già superato la Cina per numero di abitanti, ma il suo vero punto di forza è l’indice di dipendenza degli anziani, cioè il confronto tra il numero di persone di età superiore ai 65 anni e il numero di lavoratori sotto i 65 anni. Con il 9,8%, l’indice di dipendenza dell’India è superiore di meno di un punto alla metà di quello cinese, pari al 18%, il che rende molto più sana la sua economia la quale, secondo alcuni, potrebbe un giorno superare la Cina.

La politica cinese del figlio unico ha avuto costi drammatici in termini di diritti umani, sociali, economici e culturali. È stata adottata per ragioni politiche, sia intrinseche alla Cina sia derivate da ideologie occidentali sbagliate, tra cui le teorie pseudoscientifiche del Club di Roma, i cui sostenitori sono in parte responsabili della tragedia cinese.

In definitiva, le politiche di controllo delle nascite della Cina facevano parte della sua ideologia marxista e totalitaria di base. Tutto deve essere pianificato e controllato dallo Stato, anche le nascite. Nel 2007, Ye Tingfang, professore dell’Accademia cinese delle scienze sociali, aveva previsto che “il limite del figlio unico è troppo estremo. Viola la legge di natura. E a lungo andare, questo porterà alla vendetta di madre natura”. È esattamente quel che è successo. Altri Paesi dovrebbero imparare da questo esperimento sociale sbagliato e dal suo tragico fallimento.

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