Il tema dell’androgino ha una lunga storia nella cultura occidentale e arriva a Ferenzona tramite i Rosa+Croce e la Società Teosofica.
by Massimo Introvigne*
*Conferenza parte del calendario culturale “ATANÒR: La Metamorfosi delle Forze”, in collegamento con la mostra “Raoul Dal Molin Ferenzona: Enchiridion Notturno. Un sognatore decadente verso l’occultismo e la teosofia”, promossa e organizzata dal Comune di Collesalvetti, ideata e curata da Emanuele Bardazzi e Francesca Cagianelli, con il contributo di Fondazione Livorno, in collaborazione con la Società Teosofica Italiana; Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, Collesalvetti, 11 gennaio 2025.

Nel film con Aldo Giovanni e Giacomo “Tre uomini e una gamba” (1997), Chiara racconta ai tre amici il mito dell’androgino così come Platone lo fa esporre da Aristofane nel “Convivio”. Secondo il mito, all’inizio c’erano tre tipi di esseri umani, non due soltanto: la femmina, nata dalla Terra, il maschio, nato dal Sole, e l’androgino, nato dalla Luna, un essere “composto dai primi due e contenente entrambi”. Gli androgini erano esseri rotondi con due facce (ai lati della stessa testa), quattro braccia, quattro gambe, e due genitali, e si riproducevano senza sessualità.
Avendo provocato l’ira degli dei cercando di eguagliarli, gli androgini furono puniti da Zeus, che li divise in due metà. L’umanità si frammentò così in due specie, gli uomini e le donne. Ogni nuovo essere cercava poi la sua metà precedente per riformare l’androgino originale. Ma l’incontro era impossibile, e gli uomini e le donne morivano di inedia e disperazione. Per evitare l’estinzione della razza umana, Zeus spostò i genitali nella parte anteriore, permettendo agli uomini e alle donne di unirsi, formando gli esseri umani di oggi.
Originariamente presso i Greci e i Romani la nascita di bambini con entrambi i caratteri sessuali era considerata una nuova maledizione di Zeus. I bambini erano immediatamente uccisi e la città dove erano nati purificata con una processione rituale. Così la nascita di una bambina ermafrodita a Sinuessa durante la Seconda Guerra Punica fu interpretata come un presagio di sconfitta e la piccola fu subito messa a morte.

L’amore perfetto era considerato la riunione delle due metà e la nuova formazione dell’androgino. È questo uno dei significati della fiaba di Amore e Psiche nell’opera di Apuleio “Le metamorfosi”, che risale al II secolo d.C. Invidiata da Venere per la sua bellezza, e capace di fare innamorare il dio stesso dell’amore, Eros, Psiche (il cui nome evoca l’anima e la conoscenza) deve passare per diverse prove, compresa una visita al regno dei morti e un sonno apparentemente eterno da cui però Eros la risveglia. Può così finalmente conseguire l’unione con l’amato, che è anche la restaurazione del perfetto androgino.
La storia di Amore e Psiche non è mai scomparsa dall’immaginario occidentale e ha avuto innumerevoli incarnazioni. La ritroviamo per esempio nella fiaba della Bella Addormentata, che ha avuto a sua volta una lunga genesi e che ci parla delle prove – compreso, anche qui, un sonno apparentemente invincibile – che devono essere superate per arrivare al perfetto amore.

L’immagine della Bella Addormentata riprodotta più sopra è di Hermann Schmiechen, un pittore bavarese membro della Società Teosofica famoso per avere messo su tela nel 1884, mentre le riceveva telepaticamente da Madame Blavatsky tramite la mediazione di un’altra teosofa, Laura Holloway, le immagini più famose di due dei Maestri della Teosofia, Morya e Koot Hoomi. I Maestri non sono divinità ma uomini superiori che hanno deciso di rimanere nel mondo, nascosti in luoghi inaccessibili, per aiutare l’umanità, pur avendo completato il ciclo delle reincarnazioni. Secondo Blavatsky, i Maestri hanno raggiunto lo stato dell’androginia, perfezione originaria che l’umanità riconquisterà con il prossimo avvento della sesta “razza radice”.
Ferenzona conosceva il tema dell’androginia dai suoi incontri con la Società Teosofica e il suo scisma romano raccolto intorno a Decio Calvari ma prima ancora dai suoi viaggi europei che fin dalla prima decade del XX secolo lo avevano messo in contatto con gli ambienti dei Salons de la Rose+Croix il cui fondatore, Joséphin Péladan, aveva pubblicato nel 1890 il romanzo “L’androgyne”.
Péladan pensava che la più perfetta rappresentazione dell’androgina fosse quella dello scultore greco Policleto, di cui poteva ammirare al Louvre la copia romana di un perduto originale “Ermafrodito dormiente”, impreziosita da un letto di marmo creato nel XVII secolo, quando la scultura fu ritrovata a Roma, da Gian Lorenzo Bernini.

Alcune illustrazioni per “L’androgyne” furono preparate da un’artista della cerchia di Péladan, Alexandre Séon. Péladan gli aveva commissionato anche un’illustrazione per il frontespizio del suo romanzo “Curieuse!” (1886), che mette in scena l’amore platonico di Nebo e Paola. Il disegno, che non fu poi utilizzato dall’editore, è significativo per la questione dell’androginia perché non rappresenta Paola, e neppure Nebo, ma l’essere androgino che è il risultato della perfetta fusione dei due amanti.

Un altro “Androgino”, di cui rimane oggi solo il disegno preparatorio, fu esposto al Salon de la Rose-Croix del 1896 da Armand Point. Si tratta di un ambiente che, come ha mostrato Michele Olzi, Ferenzona ha conosciuto e frequentato e da cui è stato profondamente influenzato.

Non si può fare a meno di evocare qui anche Odilon Redon, che fu vicino a Séon, e che a sua volta ha creato un’indimenticabile figura androgina nelle diverse versioni dei suoi “Les yeux clos” degli anni 1889-90, divenute vere e proprie icone del movimento simbolista.

Tutti questi artisti leggevano Honoré de Balzac, che ispirato dagli scritti dell’esoterista e mistico svedese Emanuel Swedenborg aveva pubblicato nel 1834 il romanzo “Séraphîta”, forse la più famosa rappresentazione letteraria di un misterioso essere androgino, che è insieme maschio (Séraphîtüs) e femmina (Séraphîta), con vite e amori paralleli. È una condizione che non può risolvere nel nostro mondo imperfetto, così che alla fine si trasforma in angelo e sale in Cielo.
La più importante rappresentazione pittorica di Séraphîta è quella del 1932 dell’artista belga Jean Delville, che fu il fondatore e dirigente della Società Teosofica nel suo Paese. Ferenzona conosceva Delville fin dal 1906 e nel decennio successivo si avvicinò alla Società Teosofica.

Fra i dirigenti europei della Società Teosofica, Delville fu uno dei più vicini a Jiddu Krishnamurti, il giovane indiano allevato fin da bambino dai Teosofi per divenire un giorno il Maestro Mondiale. Quando nel 1929 Krishnamurti annunciò che non intendeva assumere questo ruolo ma perseguire un cammino spirituale indipendente dalla Società Teosofica, Delville entrò in un periodo di profonda crisi spirituale.
Emanuele Bardazzi ritiene che un ritratto che Ferenzona dipinse nel 1930 possa rappresentare Krishnamurti, che l’artista avrebbe potuto conoscere in occasione della visita del maestro indiano in Italia nel 1929. Bardazzi pensa che Ferenzona possa essersi ispirato al ritratto di Krishnamurti (l’unico dove appare con un turbante) del pittore spagnolo-costaricano Tomás Povedano de Arcos, a sua volta dirigente teosofico, che era stato riprodotto in Italia su “Repertorio Americano” nel 1929.
Cruciali per questi interessi sono i passaggi di Ferenzona a Roma, dove incontra figure destinate a segnare la storia dell’esoterismo come Julius Evola e probabilmente Giuliano Kremmerz, o almeno la cerchia dei suoi seguaci romani. Nel 1917 Ferenzona espone a Roma nella sede di un gruppo scissionista della Società Teosofica, la Lega Teosofica guidata da Decio Calvari.

Con Evola, Ferenzona partecipa all’iniziativa del “Cenacolo d’arte dell’Augusteo” animata da Arturo Ciacelli. Nel 1919 tiene un “Corso esoterico di storia dell’arte e scienza spirituale” e avvia una corrispondenza con il compositore e antroposofo Lamberto Caffarelli sulla possibile fondazione di una nuova società rosacrociana in Italia.
Benché dalla fine degli anni 1910 Ferenzona passi per una serie di crisi spirituali e personali e riavvicinamenti al cattolicesimo, la sua auto-identificazione con il mondo dei Rosa+Croce è confermata dalle sue opere “Zodiacale– Opera Religiosa” (1919) “AôB – Enchiridion Notturno. Dodici miraggi nomadi, dodici punte di diamante originali. Misteri rosacrociani n. 2” (1923) e “Ave Maria! Misteri Rosacrociani (Opera 6.a)” (gli ultimi due titoli alludono anche alla musica di Fryderyk Chopin).
Come altri artisti, Ferenzona trova una certa comunanza tra le particolari atmosfere di Bruges descritte nel romanzo di Georges Rodenbach “Bruges-la-Morte” (1892) e la città italiana di Orvieto. Ferenzona viaggia anche in Europa centrale ed è influenzato dal simbolista ceco Josef Váchal, un altro membro della Società Teosofica.

La menzione di Váchal solleva immediatamente la questione della fascinazione di Ferenzona per gli angeli e i demoni, poiché entrambi compaiono nella produzione dell’artista e teosofo ceco. Ferenzona era uno spirito simile. Alcune delle sue donne non sono solo streghe e “belles dames sans merci”, ma presentano le caratteristiche di demoni al femminile. D’altra parte, quella di Ferenzona è anche un’arte degli angeli e, in ultima analisi, una forma di esoterismo cristiano.
Tornando all’androgino, non si deve immaginare che, finita la stagione del simbolismo, scompaia dalla storia dell’arte. Nell’ambiente dei surrealisti André Breton e André Masson continuano a scrivere del tema. A una data imprecisata degli anni 1930, René Magritte disegna “Il sogno dell’androgino”.

Merita di concludere una rassegna sull’androgino il dipinto del 1911-12 di Marc Chagall “Hommage à Apollinaire”. Dalla mela che la figura femminile tiene in mano capiamo che sono raffigurati Adamo ed Eva, ma nella loro unità androgina originaria prima della Caduta.

Il tema è centrale nella Cabala ebraica, che Chagall conosceva bene. Ma è anche un tema eterno per gli artisti e i letterati che riflettono sulla vita – e sull’amore.

Massimo Introvigne (born June 14, 1955 in Rome) is an Italian sociologist of religions. He is the founder and managing director of the Center for Studies on New Religions (CESNUR), an international network of scholars who study new religious movements. Introvigne is the author of some 70 books and more than 100 articles in the field of sociology of religion. He was the main author of the Enciclopedia delle religioni in Italia (Encyclopedia of Religions in Italy). He is a member of the editorial board for the Interdisciplinary Journal of Research on Religion and of the executive board of University of California Press’ Nova Religio. From January 5 to December 31, 2011, he has served as the “Representative on combating racism, xenophobia and discrimination, with a special focus on discrimination against Christians and members of other religions” of the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE). From 2012 to 2015 he served as chairperson of the Observatory of Religious Liberty, instituted by the Italian Ministry of Foreign Affairs in order to monitor problems of religious liberty on a worldwide scale.


