Voltaire ha presentato lo studioso benedettino, che ha scritto di vampiri, come un credulone. In realtà nel corso degli anni le sue posizioni sono passate da dubitative a scettiche.
di Massimo Introvigne*
*Relazione presentata alla Occult Convention 2024 organizzata dalla Società dello Zolfo, Parma, 7 settembre 2024
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La mia conclusione secondo cui la Chiesa Cattolica nel Settecento ha abbracciato l’interpretazione scettica del vampirismo (anche perché intimorita da quella esoterica) lascerà perplesso chi ha letto le pagine di Voltaire sul più famoso teologo cattolico del Settecento che si è occupato di vampiri, il benedettino Dom Augustin Calmet, che il filosofo illuminista dipinge come un gran credulone. Occorre però non fidarsi di Voltaire e leggere direttamente Calmet.
Anzitutto, Calmet non è un frate di campagna. È un teologo famoso ed è per questo che Voltaire lo va a trovare. Il suo monumentale “Commentaire” biblico arriverà a ventisei volumi. Non è neppure particolarmente conservatore: il re Luigi XIV deve intervenire personalmente per difenderlo dalle accuse di giansenismo. È elogiato dal Papa Benedetto XIV e dall’imperatrice Maria Teresa (entrambi scettici sulle credenze ai vampiri). Nel 1718 diventa abate di Saint-Leopold a Nancy e nel 1728 priore dell’importante monastero di Senones. Dirigerà quest’ultimo per trent’anni, arricchendone la biblioteca, continuando a scrivere numerosi volumi e rifiutando anche una nomina a vescovo, a cui preferirà la calma della sua abbazia.
Oggi – e per colpa di Voltaire – Calmet è ricordato quasi solo per un’opera del 1746, che egli considerava minore e che invece ha finito per essere la sua più letta: le “Dissertations sur les apparitions”, ribattezzata in occasione della terza edizione considerevolmente modificata del 1751 “Traité sur les apparitions”, che nel sottotitolo menziona anche i vampiri.
È importante notare che – per un paio di centinaia di pagine – quella che Calmet propone è, propriamente, un’antologia di brani raramente commentati e tratti da fonti precedenti, talora credule e talora scettiche. Attribuire a Calmet – come avviene spesso ancora oggi – questo o quel capitolo della sua opera, che non fa che riprodurre uno scritto precedente, significa non avere ben compreso il metodo compilatorio che permetteva a molti eruditi del Settecento di pubblicare in pochi anni un così gran numero di volumi.
Di decisiva importanza per non prendere per oro colato le critiche di Voltaire, ispirate al suo noto anticlericalismo, è il paragone fra l’edizione del 1746 e quella del 1751 del testo di Calmet. Come scrive la studiosa italiana Nadia Minerva, “la critica – e non soltanto quella settecentesca – ha quasi esclusivamente fatto riferimento alla prima edizione, dimenticando di sottolineare l’impegno autocritico del benedettino e le profonde modifiche che la materia ha subito nell’edizione del 1751”. Non solo Calmet aveva letto le recensioni critiche, ma “un confronto delle due principali edizioni mostra che egli ne tenne conto in modo decisivo”.

Solo dopo la parte antologica, Calmet passa a spiegare che cosa si debba pensare dei vampiri. Premette che il diavolo certamente non può risuscitare i morti, e può molestare o “animare” un cadavere soltanto in circostanze rarissime, o – più probabilmente – mai. Il benedettino divide anzitutto le spiegazioni del vampirismo avanzate nella letteratura in cinque categorie che leggono i fenomeni dei vampiri rispettivamente come miracoli, come effetti di un’immaginazione malata, come equivoci (i presunti vampiri non sono veramente morti), come opera del demonio, o come fenomeni naturali attribuiti ad animali o a malattie.
Calmet afferma che tutte le spiegazioni presuppongono che ci sia qualcosa da spiegare. Ma questo non è provato. Dopo avere riprodotto i rapporti dei gendarmi e dei medici austro-ungarici, già nella prima edizione Calmet commenta: “Li ho letti e riletti, e per dire il vero non vi ho trovato ombra di verità e neppure di probabilità di quello che veniva riferito. E tuttavia questi documenti sono considerati nel nostro Paese [la Francia] come vangelo”.

I fatti allegati non possono essere veri, sulla base – afferma Calmet – principalmente “dell’obiezione fondata sull’impossibilità che questi vampiri escano dalle loro tombe e vi rientrino, senza che sembri che hanno mosso la terra uscendo o rientrando. Non si è mai risposto a questa difficoltà e non vi si risponderà mai. Affermare che il diavolo rende sottili e spiritualizza i corpi dei vampiri è cosa proposta senza prova e senza verosimiglianza”
Nella prima edizione rimaneva un’ombra di dubbio: Calmet scriveva che ci sono pur sempre azioni demoniache di cui non sappiamo nulla. Ma nella seconda edizione la conclusione è drastica e non lascia adito a dubbi: “Dubito che ci sia un altro partito da prendere in questa questione che quello di negare assolutamente il ritorno dei vampiri”.

Nel passaggio dalla prima alla seconda edizione, le formule dubitative spariscono, sostituite da una dura critica sia delle fonti sia delle interpretazioni demonologiche. Se il diavolo c’entra qualcosa con i vampiri, è soltanto perché certamente ama propagare il disordine e le superstizioni.

Massimo Introvigne (born June 14, 1955 in Rome) is an Italian sociologist of religions. He is the founder and managing director of the Center for Studies on New Religions (CESNUR), an international network of scholars who study new religious movements. Introvigne is the author of some 70 books and more than 100 articles in the field of sociology of religion. He was the main author of the Enciclopedia delle religioni in Italia (Encyclopedia of Religions in Italy). He is a member of the editorial board for the Interdisciplinary Journal of Research on Religion and of the executive board of University of California Press’ Nova Religio. From January 5 to December 31, 2011, he has served as the “Representative on combating racism, xenophobia and discrimination, with a special focus on discrimination against Christians and members of other religions” of the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE). From 2012 to 2015 he served as chairperson of the Observatory of Religious Liberty, instituted by the Italian Ministry of Foreign Affairs in order to monitor problems of religious liberty on a worldwide scale.


