Anche se non c’entra con la magia, la tolleranza risorgimentale per religioni diverse dalla cattolica a Torino ha contribuito a creare il mito della “capitale delle spiritualità alternative”.
Massimo Introvigne*
*Conferenza tenuta nella Sala Consiliare di Settimo Torinese (Torino) il 18 gennaio 2025.
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Occorre accennare a una terza pista che non ha nulla a che fare con la magia ma che ha contribuito alla nascita del mito di Torino “capitale della spiritualità alternativa”: la ricerca nel secolo XIX di rapporti con il sacro, con la religione, con l’aldilà al di fuori dei sentieri familiari tracciati dalla Chiesa Cattolica, impopolare sia presso il governo sia presso alcune élite cittadine per la sua ostilità al Risorgimento. L’occultismo, lo spiritismo e anche le spiegazioni più “metafisiche” del magnetismo costituiscono già altrettante manifestazioni di uno spirito religioso alla ricerca di alternative alla religione dominante. Non tutti erano disposti a spingersi fino alle pericolose frontiere dell’occulto, ma molti si lasciavano coinvolgere dalle stesse inquietudini.
Cresceva a Torino – dopo l’editto di Carlo Alberto del 17 febbraio 1848 che le concedeva il pieno riconoscimento dei diritti civili – l’antica comunità valdese, aggregando anche famiglie protestanti straniere venute in Piemonte per diverse ragioni. La comunità valdese – il cui sobrio protestantesimo è ben lontano dai percorsi della città delle meraviglie – viene in considerazione nella nostra storia soprattutto per l’immagine mitica che ne veniva data nella letteratura protestante di lingua inglese. L’oleografia e l’agiografia sui valdesi che circolavano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti convinsero molte nuove denominazioni di origine cristiana che i valdesi – che immaginavano in uno stato di perenne fervore e attesa profetica – fossero pronti a convertirsi a nuove verità, non appena le avessero conosciute. Così, un gran numero di gruppi di origine cristiana nell’Ottocento iniziano la loro storia in Italia precisamente da Pinerolo o da Torre Pellice.
Nel 1850 i mormoni inviarono nelle Valli Valdesi la loro prima missione italiana guidata da Lorenzo Snow, il futuro quinto presidente della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.
La prima opera di propaganda mormone pubblicata in Italia, “La Voix de Joseph” di Lorenzo Snow, fu scritta in francese pensando ai valdesi ma pubblicata a Torino, dalla tipografia Ferrero e Franco, nel 1851. Poco sicuro della libertà religiosa che vigeva da qualche anno nel Regno di Sardegna, Snow pensò bene di porre sulla copertina l’immagine di una suora cattolica che recava una croce e un calice.
Chiaramente uno sbocco a Torino non era escluso dal momento che si iniziavano a stampare volumi in italiano (la prima traduzione italiana del “Libro di Mormon” fu stampata a Londra nel 1852). E anche i più prossimi concorrenti dei mormoni dello Utah, gli esponenti della Chiesa Riorganizzata dei Santi degli Ultimi Giorni, inviarono nel 1872 un loro missionario, John Avondet, nelle Valli Valdesi, dove riuscì peraltro a battezzare soltanto due persone. Nel 1867, la missione della Chiesa mormone maggioritaria fu chiusa dopo avere convertito un’ottantina di valdesi che emigrarono nello Utah. Nel frattempo Brigham Young, il leggendario secondo presidente della Chiesa, si era convinto che i valdesi “non sono il tipo di popolazione pronta a ricevere rapidamente il [nostro] Vangelo”.
Qualche anno dopo fu la volta degli Studenti Biblici, i predecessori degli attuali Testimoni di Geova. Nel 1891 Pinerolo fu visitata dal fondatore degli Studenti Biblici, Charles Taze Russell, in persona, che tornò in Piemonte nel 1912: il gruppo – concentrato nelle Valli Valdesi – contava allora una quarantina di seguaci. A Pinerolo fu aperto il primo ufficio italiano dei Testimoni di Geova nel 1919, e vi si tenne il primo convegno, dal 23 al 26 aprile del 1925.
Per conto degli Avventisti del Settimo Giorno venne dapprima in Italia l’ex-frate polacco Michał Belina Czechowski, che nel 1864 pose tipicamente la sua base di operazioni a Luserna San Giovanni. Il lavoro si sviluppava nelle Valli Valdesi con successo modesto, ma con una presenza costante, tanto che dagli Stati Uniti la Chiesa cristiano-avventista – una denominazione rivale – decise a sua volta di intervenire inviando in Piemonte il pastore Miles Grant. La stessa ispiratrice degli avventisti del Settimo Giorno, Ellen G. White arrivò in Italia nel 1885 e per prima cosa – anche lei – si recò a Torre Pellice. A Torre Pellice venne stabilito anche il primo Quartier Generale nazionale dell’Esercito della Salvezza (che per la verità aveva tentato inizialmente di mettere radici a Roma); nel 1893 il centro fu spostato da Torre Pellice a Torino, in Via Principe Amedeo 20.
Il trasferimento a Torino – dove già avevano predicato celebri pastori protestanti come John Nelson Darby, il vero fondatore del moderno fondamentalismo protestante – è significativo. Quando il “mito valdese” si rivelava appunto un mito, e si scopriva che i valdesi non erano affatto pronti ad abbracciare rapidamente nuove fedi, per chi non abbandonava mestamente l’Italia lo sbocco logico era costituito da Torino. Così, poco dopo il passaggio in Italia di Ellen G. White, troviamo a Torino una congregazione avventista, che deriva da quella di Torre Pellice; troviamo ugualmente a Torino alcuni fra i primi Studenti Biblici (futuri Testimoni di Geova) al di fuori delle Valli Valdesi, per tacere della presenza di un buon numero di denominazioni protestanti tradizionali, favorita anche dal particolare clima politico del capoluogo piemontese.
Il “mito valdese” agì in ogni caso da catalizzatore – insieme al clima di ricerca di alternative al cattolicesimo, che abbiamo già evocato, e alle condizioni politiche – per fare di Torino una città singolare anche dal punto di vista delle possibilità religiose a chi pure intendeva muoversi fra i gruppi di origine cristiana. I primi decenni del XX secolo si sarebbero incaricati di ampliare considerevolmente queste alternative, con l’arrivo di nuovi gruppi evangelici e pentecostali. Questa terza pista, naturalmente, non ha nulla a che fare con la magia ma mostra la presenza nella Torino del secolo XIX di un terreno favorevole alle spiritualità “alternative” in genere.
Insisto: nel secolo XIX. Il “processo delle sonnambule” del 1890 citato nel primo articolo di questa serie è un segnale delle autorità, il quale manifesta che sono venute meno le ragioni politiche – nella sostanza, dare noia alla Chiesa Cattolica che si opponeva al governo e al Risorgimento – che hanno fatto di Torino una città più aperta di altre in Italia alle spiritualità alternative. Dopo il 1890 a Torino continua certamente una presenza significativa di religioni alternative al cattolicesimo, che negli ultimi anni si estende anche al buddhismo, ma non si può dire che, nel complesso, questa presenza sia maggiore rispetto a Milano e Roma, o anche a Napoli, Bologna, Firenze, anche se oggi andrebbe segnalata la presenza di una grande comunità con elementi magici ed esoterici, Damanhur, che però non è a Torino ma in Valchiusella. Per il resto, Torino è una normale metropoli italiana ed europea, non “meno” ma neppure “più” magica e ricca di spiritualità alternative di altre.
Perché, allora, un’opinione diffusa pensa che non sia così e che Torino sia la città magica per eccellenza? Cercheremo di rispondere alla domanda nel quarto e ultimo articolo di questa serie.